Tre anni per rodare i meccanismi e cimentarsi con la prima prova studio: gli Smegmachine danno alle stampe un lp omonimo, frutto di lavoro autoprodotto da parte dei cinque musicisti bergamaschi. Dodici tracce che rappresentano una fulgida dichiarazione d'intenti: il sound del gruppo si basa su forti ritmiche batteria-basso e chitarre acide, ingredienti principali delle composizioni articolate che fanno da fondamenta ai brani riconducibili ad una matrice d'estrazione hard-rock. I cinquanta minuti di ascolto si aprono con uno skit introduttivo (“do-line”) e la seconda traccia che mette in chiaro il prodotto a cui ci stiamo approcciando: il claim principale del disco è “un'immagine cupa della realtà raccontata attraverso la potenza della musica” ed è proprio questo il mood che pervade l'intera opera, che fa di “Tsunami” ed “Endovena” gli episodi più convincenti, con il secondo pronto a brillare grazie alle proprie caratteristiche basate su un incedere cadenzato e riflessività pronta ad esplodere nei ritornelli; la voce di Manuel Fracasetti sostiene bene le performance strumentali, e si lascia apprezzare per la cura delle registrazioni (peculiari le sovrincisioni che regalano giuste sfumature alle canzoni). Allora tutto perfetto? Quasi. Smegmachine propone un disco dalla forte personalità che rappresenta un grande pregio ma anche un limite: prossimo obiettivo della band lombarda è ampliare i propri orizzonti musicali e dimostrare che può raggiungere risultati convincenti anche con tracce più lontane dai propri schemi.
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