Non il loro disco migliore, ma è sempre bello sapere che lì fuori, a suonare, ci sono ancora gli A Toys Orchestra
È una traiettoria artistica senza paragoni quella che gli A Toys Orchestra hanno disegnato nella musica di casa nostra in oltre dieci anni di evoluzioni discografiche. Giunti al sesto disco, sarebbe forse stato più semplice prendere il manuale d’uso e giocare di ripetizione, invece sono volati a Berlino per trovare nuove suggestioni e tentare l’ennesima mutazione, affidandosi a Jeremy Glover, già in cabina di regia con Liars e Crystal Castles. È così che nasce "Butterfly Effect", tentativo di concept sul caos come forma di contrasto stilistico e psicologico, ripreso concettualmente anche dalle macchie di Rorschach in copertina.
Diciamolo subito: non è questo il miglior disco degli A Toys Orchestra. Chiariamolo altrettanto subito: ci sono alcune canzoni di una bellezza disarmante. Questa però è forse la prima volta in cui un loro disco scopre l’esistenza del tasto skip. Le canzoni passano infatti dalla perfezione assoluta alla noia, regalando momenti di commovente ispirazione, per poi ricadere in qualche sbadiglio. La formula del disco è complessivamente diversa dai precedenti lavori della “mezzanotte”, ma conserva intatto il DNA della band di Agropoli, saltando come sempre tra pop, glam, wave e opera rock, con più di un accenno al loro passato più lontano. Si passa con naturalezza dalle melodie più giocose alla magniloquenza compositiva, alternando semplicità e complessità, linearità e pathos. I sintetizzatori stavolta prendono ampi spazi, diventando snodo importante su cui indirizzare chitarre e pianoforti, elementi sempre fondamentali e determinanti, specialmente durante i momenti più epici e drammatici (l’ottima “Quiver” ne è forse la sintesi). Dal punto di vista del suono e della raffinatezza di esecuzione siamo su un livello superiore, anche se le composizioni sono in qualche modo più quadrate e ordinate rispetto ai lavori più recenti. Meno esplosioni, più controllo. Meno colori sgargianti, più compattezza e geometrie.
Il disco scorre alternando ed intrecciando la potenza delle ballate rock, la versatilità melodica da synth-power-pop, l’estro elettro-glam e le tinte in chiaroscuro da wave contemporanea, poggiandosi su un linguaggio vocale che ondeggia tra spunti onirici, morbidezze crepuscolari e fughe nella melodia a presa rapida.
Nella ricerca dei punti di riferimento, gli A Toys Orchestra ormai guardano prima di tutto a loro stessi, disseminando il disco di suggestioni e riferimenti alla musica internazionale, riuscendo ad evitare, quasi sempre, il rischio di citazionismo sfacciato e le comode didascalie. Dentro ci sono molti Arcade Fire (“Wake me up”, “Fall to restart”), Marc Bolan che incontra i MGMT (“Always I’m wrong”), qualche inflessione da Black Keys (“Mary”) e molto altro. Ci sono soprattutto gli A Toys Orchestra, purtroppo non nella loro veste migliore in quanto a continuità di ispirazione.
Il risultato è un saliscendi di meraviglia e noia. Un disco che poteva essere, ma non è, non del tutto. Eppure, in un mondo che vive di playlist, "Butterfly Effect" è uno scrigno da cui estrarre alcune canzoni in grado di accompagnarvi per tanto tempo, regalandovi momenti di grande innamoramento.
Certo, le grandi attese sono rispettate solo in parte, ma è sempre bello sapere che lì fuori, a suonare, ci sono ancora gli A Toys Orchestra.
---
La recensione Butterfly effect di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-25 09:00:00
COMMENTI