“Cartapesta” è un esordio musicale di tutto rispetto. I Pentasia, dalla bella voce di Genny Ferro, si propongono con un indie rock in cui è possibile riconoscere contaminazioni tra passato e presente. Nelle dieci tracce che compongono l’album si “balla” tra atmosfere rock con tinte hard, e melodie più soffici che lasciano intuire le esperienze musicali pregresse dei quattro musicisti veronesi.
Il viaggio inizia con “Come sempre” che chiarisce subito l’identità della band attraverso un riff sostenuto da un decisa chitarra elettrica e una melodia che tenta di creare l’effetto-vertigine. Il ritmo continua deciso con un altro brano, “Isterica modernità”, che entra facilmente nella testa e mantiene più o meno lo stesso mood nelle successive tracce.
A spezzare il continuum è “Cristalli nell’aria” che apre una piccola finestra sul jazz, complice anche il sax, a tratti con note aspre, e che sul finale dà la sensazione di essere in una stanza dove un vetro, o qualcosa di fragile, si sta spezzando.“La tua fantasia” ci fa ritornare sulle ritmiche di un rock da “bere” grazie ad un riff ballabile e brioso che fa candidare il brano a hit single.
Dopo tanta chitarra rock la band ha evidentemente sentito la necessità di addolcire l’atmosfera, chiudendo il disco con “Piccolo notturno”, un walzer dove con solo pianoforte e voce si ha quasi l’impressione di stare dentro la «Notte stellata» di Van Gogh. I testi vanno verso l’introspezione, mostrano la vacuità dei miti della bellezza, di un mondo appunto di “cartapesta”, fatto di materiale fragile e frangibile (non sento più il calore dell’istinto animale/sagome animate nel teatrino della fatua apparenza), soprattutto poco aderente alla realtà. Nell’insieme, l’esordio dei Pentasia non dispiace, anche se in più di un’occasione si rischia la monotonia per la poca variazione delle strutture armoniche che tradiscono la ricerca di uno stile ancora in via di definizione.
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