Andrea Sambucco è un tipo spericolato. Prima si autodefinisce musicista lo-fi e autore di "pop balsamico" (come da titolo: "s.e.m.p.l.i.c.e.") - poi s'azzarda ad avvicinare i pericolosi baratri del nichilismo, riprendendo forse il "nice che dice boh" del Fornaciari nazionale. Così nella track list compaiono - fra una canzone d'amore e l'altra - una "ballata nichilista" ed un brano dedicato al "pensiero debole". L'intenzione è in fondo quella di fare del pop acustico alla Evan Dando, o alla Belle and Sebastian, che prenda però una certa piega da cantautorato "arguto" - del genere di Niccolò Fabi, per capirci.
Una specie di Gianni Rodari in salsa pop ("semplice"), un Gazzé ruspante ("odio", "verde") - con suoni acustici che ricordano Soul Asylum e R.E.M. ("la luna da dietro"), atmosfere terse e canzoni pulite e fresche - Sambucco infila una serie potenzialmente devastante di singoli killer, che ad essere solo un po' più rifiniti farebbero la fortuna del povero Cremonini. Egli dimostra un'ottima capacità di arrangiamento e di scrittura, un indiscutibile talento melodico: basti sentire lo splendido arrangiamento di fiati di "un giorno senza te".
Ma alla totale assenza d'artificio e alla limpidità cristallina delle costruzioni melodiche fa spesso riscontro una disarmante ingenuità nei testi, aggravata dall'interpretazione vocale non sempre convincente (ad esempio in "colla di miele" fa capolino il fantasma orrifico di Biagio Antonacci). Proviamo insomma la sensazione di trovarci in equilibrio precario tra la canzone pop perfettamente congeniata ("un giorno senza te" appunto e "acqua limpida") e l'avvilente cantilena di certe canzoni da boy scout - penso alla già citata "ballata nichilista", o a "la luna da dietro". Se dunque va ammessa l'assoluta buona fede e sincerità di Sambucco, non si può negare che in più punti un'atmosfera troppo mielosa e appiccicaticcia (da "colla di miele" appunto) guasti la pur ottima qualità dei brani.
Nonostante tutto vorrei comunque sbilanciarmi. Se dovessi un giorno perdere il senso di cosa voglia dire suonare ed ascoltare musica, pochi album potrebbero ancora servirmi a recuperare entusiasmo; questo lavoro ingenuo, con tutti i suoi evidenti difetti, credo potrebbe entrare nella lista dei salvabili. Al di là d'ogni finzione intellettuale, d'ogni velleitarismo, esso mi parlerebbe ancora di una dirompente e sacrosanta volontà di scrivere belle canzoni - canzoni per ballare, per innamorarsi e per fare innamorare. Se i risultati sono alterni, lo spirito generale è sicuramente da sottoscrivere.
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La recensione s.e.m.p.l.i.c.e. di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-09-28 00:00:00
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