Cabaret punk o sognante krautrock? A voi la scelta.
Trio formato da Lorenzo Lemme, Giuseppe Maulucci e Giorgio Sbornod, già noti coi nomi di Box84 (*_°) prima e di Eildentroeilfuorieilbox84 poi, Superbox ha scelto un approccio particolare alla produzione musicale: pubblicare solo singoli, sebbene la decisione venga dopo quattro anni. Una scelta che si attaglia alla libertà creativa e stilistica che il trio si vuole ritagliare e che mischia, con attitudine davvero progressive, generi davvero differenti. È anche vero che non si tratta, già per questo, di una proposta facile, dato che in questa raccolta dei primi cinque singoli, i brani sono notevolmente differenti l’uno dall’altro, con una decisa frattura tra il primo, il lungo “Orijenes”, in deciso odore del krautrock che fu degli Harmonia, nonostante le atmosfere arabeggianti, e gli altri quattro, assai meno sognanti e più corrosivi, e con testi decisamente più lunghi.
Davvero particolare e strano il mood degli altri brani, che tentano di omogeneizzare materiali disparati come l’exotica di certe tastiere con l’abrasività del Beck di “Mellow Gold” (ad esempio in “Tutto molto bello”), il cabaret di inizio 900, ma cantato da un coro più punk che post punk (“La sagra”), spunti della prima e minimale new wave intervallati a improvvise aperture reggae (“Regina”). Si gira dalle parti, per restare nel classic rock, di Sparks e Bonzo Dog Doo-Dah Band; i nomi da accostare, seppur lontanamente, nel panorama italiano degli ultimi 25 anni sono quelli di Bugo ed Elio e le storie tese. Ma, occorre sottolinearlo, i Superbox posseggono una personalità propria che li distingue nettamente dai nomi citati. Dei loro due volti, preferisco nettamente quello kraut, ma sono pareri personali. Comunque, band volutamente di nicchia.
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La recensione UNO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-02-12 00:00:00
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