Uno sguardo al mondo dall’altra parte della vetrata. Una risonanza emotiva che deforma lo spazio e il tempo.
Uno sguardo al mondo dall’altra parte della vetrata. Dall’interno di una stanza che assurge a cattedrale grazie allo sprigionarsi della melodia contenuta nelle quattro tracce che compongono il disco. Una risonanza emotiva che deforma lo spazio e il tempo. Queste le sensazioni attraverso le quali l’autore polistrumentista che si cela dietro al progetto Pale Scales – Pietro Sgambati – si propone di condurre l’ascoltatore.
Fra le navate di questa cattedrale si diffondono le sonorità alternative di “Cherry Tribute” e “Purple Sunset”, in una sorta di ben riuscito mix fra il synth pop anni '80 à la Depeche Mode (per non arrivare a dire dei Duran Duran) e lo stile molto più emozionale e moderno di gruppi come Deftones e A Perfect Circle. Canzoni queste, così come l’opening track “Inside the Nest”, tutte dotate di una grande carica introspettiva e capaci di condurci per mano attraverso l’infinita oscurità che si cela dietro le nostre palpebre chiuse, dischiudendo gli occhi della nostra mente. Una considerazione a sé merita la traccia conclusiva dell’ep, “Still”, la cui linea vocale ricalca, in qualche modo, il cantato di Billy Corgan – nonostante dal timbro di Sgambati non trasudi altrettanto disagio. Impressione, questa, che potrebbe trarre conforto dal fatto che il nome del progetto – “Pale Scales” – coincide con quello di una non troppo conosciuta b-side strumentale degli Smashing Pumpkins, che ben potrebbe essere stata una fonte di ispirazione per la scelta delle sonorità del progetto.
Al di là delle precedenti considerazioni, nel complesso si tratta di un’ottima prova che lascia ben sperare per il futuro, sempre che l’autore tenga bene a mente come la cosa più pericolosa da fare sia rimanere immobili.
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La recensione Behind The Glass di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-02 00:00:00
COMMENTI (1)
Grazie Filippo, ti sono molto grato