Tanti stimoli e influenze diverse, così tanti che si fa fatica a trovare la vera identità della band
Tanti stimoli e influenze diverse in “Disordini”, terzo disco per gli Hikobusha, così tanti che si fa fatica a trovare la vera identità della band. Dagli slanci seventies di “Obliquità” con tastiera in primo piano e ammiccamenti blues, all’elettrorock di “La ferita perfetta”, dalle atmosfere elettrominimali e cupe di “Spazi vuoti” che ricorda i CCCP non solo per l’enfatico recitativo, a “Magica nera preghiera” che gioca ancora col synth campionando Totò dal film “I due colonnelli” e trasformando in un mantra la parola ‘linoleum’ che chiude la citazione dell’attore partenopeo.
“Rivoluzione televisione” si ispira alla famosa “The Revolution will not be Televised” di Gil Scott-Heron e alla new wave italiana, in particolare ai Litfiba, band che pare aleggiare su più di un brano, e poi stralci di interviste a Italo Calvino in “Vieni mio mostro” che resta in bilico tra rock e dance strizzando parecchio l’occhio ai Subsonica. A salvarsi da questo carico fin troppo pesante di riferimenti, citazioni e generi sono “Il meraviglioso ragazzo invisibile”, morbida ballata dominata da pianoforte e archi sintetici, e “Baby Play Dead”, cover dei The Wreckery (band in cui militava Hugo Race che qui dona un prezioso featuring suonando la chitarra) che chiude l’album con un’esplosione di energia.
Ricordavo gli Hikobusha come un gruppo new wave, e non mi dispiacevano neppure, e credo che tutti questi cambiamenti verso direzioni diverse e molteplici non faccia loro bene: questo lavoro è curato, ben suonato, tecnicamente impeccabile, ma non è a fuoco e ciò rende il tutto piuttosto impersonale. Trovo sia necessario fare una scelta precisa e percorrere un’unica strada, che sia davvero la propria.
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La recensione Disordini di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-09 00:00:00
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