Quante volte avrete letto in una recensione “il disco della maturità”? La tentazione di dirlo anche di “Hai mai visto l'alba?”, nuova fatica discografica de Gli Ebrei licenziata da V4V, è tanta. Eppure le circostanze intorno a Gli Ebrei sono sempre poco chiare, ed è facile pensare che non cresceranno mai, o che invece siano sempre stati così maturi.
Questo disco suona evidentemente in maniera diversa dal precedente “Disagiami”. Lo dimostrano brani come l'elegante “Gran Piano Memoriae (Promenade”), la composta cover di “Vita” dei leggendari giorgioraiban, che a suo modo ricerca la densità tipica dei brani de Gli Ebrei in un minimalismo acustico sempre controllato. “Stanco”, “Kallifornia” e “Romantika” sono invece i brani che creano una continuità con i precedenti lavori, dove al punk più disordinato e ruffiano si accostano brani profondi, portatori di significati sul doppio livello testuale e musicale.
In testa a tutte c'è “Mio amico mio”, il cui arpeggio iniziale omaggia “Annarella” dei CCCP, e credo di non esagerare affermando che “Amico mio / Abbracciami che ti abbraccio anch'io” sia la nuova “Non dirmi una parola che non sia d'amore”. Un brano così enorme che sin dal primo ascolto travolge con un'ondata di umanità ed empatia (anche se nella primissima versione, che ho avuto la fortuna di ascoltare circa un anno fa, uno dei versi recitava “Amico mio / Abbracciami che non mi sposto io” e non gli si può perdonare di aver eliminato un verso così potente e commovente).
La sensazione generale all'ascolto è che Gli Ebrei siano gli stessi, perché maturi lo sono sempre stati, ma adulti mai. Più rassegnati, per certi aspetti: dove in “Disagiami” c'era voglia di far festa, scappare, cambiare aria, riprovare, qui gli sforzi sono diventati fatica e nessuno è arrivato a indicarci la via. Manca quel velo ironico e buffone che alleggeriva le tremende verità del disco precedente, e la consapevolezza si manifesta nelle parole, nei suoni e nelle melodie, sommesse, distaccate, confortevoli nella loro atarassia, nel senso postaristotelico del termine. In ogni caso la capacità di scrittura de Gli Ebrei continua ad essere un caso quasi unico e inimitato che tra le righe di un'estetica sempre lo-fi e apparentemente poco curata, rappresenta il vero quotidiano, con il suo sguardo lucidissimo sulla realtà.
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