Un riassiunto di sensazioni cupe esposte da 4 brani che costituiscono ritmi sostenuti, voci caute e trame sperimentali o psichedeliche in un contenitore sonoro indie-rock.
I Dervisho esordiscono bene con un disco davvero niente male, sebbene non presenti novità rilevanti.
Benedetti dalla consacrazione di care e vecchie bestie come gli Arctic Monkeys, partono con materiale già pregno di rabbia che, un accordo dopo l'altro, sfocia in suoni un pelino più delicati che successivamente torneranno nuovamente ad esprimersi in maniera rabbiosa e malinconica. Le tracce enfatizzano umori oscuri non distogliendo l'attenzione, anzi, amplificandola e portando l'ascoltatore ad attendere il brano successivo di volta in volta - senza riserve - con quella venatura psichedelica che, dopo aver fatto da padrone in "Darda", anticipa l'apice sonoro, dove i sentimenti ancora ingabbiati riescono finalmente ad esplodere spezzando le proprie catene e smuovendo i toni degli strumenti elettrici, nel lavoro più riuscito di tutto il disco: "Dervisho", brano che racchiude l'essenza di tutto l'ep, racchiude l'idea generale del gruppo, descrive esattamente quello al quale la band ci ha sottoposto fino a qualche minuto prima, però con un tema sempre differente costituito da percussioni che accompagnano i toni bassi delle chitarre e del basso che permettono all'incazzatura di mostrarsi, un'ultima volta più di prima, scuotendoci fino allo stremo, lì dove lo sfinimento costituisce la parte finale della traccia che conclude il disco in maniera delicata, con suoni ben composti, ma mai pesanti.
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La recensione Dervisho di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-02-05 23:59:00
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