Un concept progressive dalle ascendenze colte con momenti di rara bellezza.
L’”Hypnerotomachia Poliphili” è un romanzo rinascimentale, a carattere allegorico, ermetico, esoterico e neopagano che tratta dell’amore frustrato di Polifilo, l’“amante della moltitudine”, per Polia, la “moltitudine” stessa. L’opera tratta dell’“amoroso combattimento onirico” di Polifilo, che, perduta la sua Polia nella vita reale, cerca di ritrovarla nel sogno, cioè attraverso i labirinti dell’anima, grazie all’aiuto di ninfe ed altre creature della religione greco-romana.
È forse questa la base ultracolta, nella migliore tradizione progressiva, su cui è elaborato questo concept degli Inior, nome che è in realtà, come chiarito dalla traccia 8, un sigla dal misterioso sapore alchemico (“Ini.or”), così come il titolo della seconda traccia, “Mu.s.e.” Anche in “Hypnerotomachia” della band romana, infatti, il protagonista cerca di liberarsi dalla schiavitù mortale delle abitudini che portano ad essere concentrati esclusivamente su se stessi, invocando prima una ninfa, poi perdendosi in un labirinto di pietra (come nell’opera rinascimentale) per ritrovare l’armonia col mondo e gli esseri umani, libero e leggero.
Un modo di affrontare tematiche attuali allegorico e certamente inattuale, come è nella più pura e tipica tradizione progressive, che però trova – e non potrebbe essere altrimenti – il suo vero punto di forza nella musica, sempre di buon livello e capace a tratti di toccare vette notevoli: l’iniziale “The Paper Ship”, che contiene l’invocazione alla ninfa e potrebbe essere metafora proprio del libro, nave di carta per il mondo dei sogni e dell’inconscio, è semplicemente stupenda, con i suoi debiti evidenti con Yes e primissima PFM, così come lo strumentale successivo “Mu.s.e.”. Altrove affiorano echi di Genesis uniti ai Dream Theater (come in “Stain Of Steel”), o si palesano influenze dei Transatlantic. Nella conclusiva “Dust” pare di ascoltare gli Shins con Keith Emerson al moog. L’elenco potrebbe continuare, ma sarebbe sterile: conta aver indicato qualche esempio dell’abilità sincretica della band, capace di unire modelli diversi in un amalgama che fa intravedere una personalità in formazione. Unici punti deboli del disco la voce, intonata ed espressiva, ma fievole e come sul punto di spezzarsi, e i momenti in cui la raffinatezza stilistica e strumentistica si avvicina a una fusione da easy listening che sicuramente non è nelle mire della band, come in “Starslave”.
Se sapranno superare questi limiti, gli Inior potranno porsi come una delle band di punta di quell’ondata neo prog che, zitta zitta, sta muovendo i suo i primi passi senza che quasi nessuno vi presti molta attenzione, ma che sta montando.
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La recensione Hypnerotomachia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-02-27 00:00:00
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