Attitudine, adrenalina, graffi, sudore e melodia sono gli ingredienti dei Marijuanal, che nel loro disco d’esordio giocano bene le loro carte
Un’attitudine pazzesca all’hardcore crudo e diretto, questa è la prima cosa che traspare dall’ascolto dei Marijuanal, a dispetto del loro moniker troppo semplicisticamente ribelle da far quasi sorridere. La loro musica invece è sincera, spudorata, con ritornelli che si installano in testa come virus e non ne escono più. Melodie marce e graffiate da chitarre taglienti su cui la voce (ora cantata, ora urlata, ora rappata…) costruisce abilmente le sue trame condendosi con testi che riflettono un’epoca di disillusione e nichilismo ma anche molto altro.
E a proposito di epoche, il disco si apre proprio con “1984”, che oltre ad essere l'anno di nascita di chi compiva trent'anni al momento del'uscita quest'album (2014), collega anche direttamente al ben noto “1984” di George Orwell, che già parlò nei suoi scritti di ribellioni sociali e politiche ancora così attuali da sembrare profetiche e ispirare, in maniera diretta o indiretta, gli artisti più disparati.
Tra i pezzi del disco, oltre alla già citata traccia d’apertura, si fanno notare sugli altri anche “No pussies in the skatepark”, il cui videoclip autoprodotto è un’ulteriore dimostrazione della notevole capacità della band di esprimere con mezzi di fortuna concetti forti e resi chiarissimi dalla cura del dettaglio che nonostante il do-it-yourself non manca affatto, poi ancora la cantabile “Alone” – l’anthem ufficiale di tutto il disco – e il ritmo martellante di “Brothers”, con i versi del cantato che si alternano ad un ritornello liberatorio e ad un assolo strumentale degno dei migliori trip.
Spear e Piledriver (le due menti dei Marijuanal) hanno dato un’ottima prova della loro musica, partorita in Italia ma con geni senza dubbio internazionali, per cui sono assolutamente da tenere d’occhio.
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La recensione stoned punk di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-07-06 00:00:00
COMMENTI (2)
;)
grazie mille!