Come un viaggio di cui è difficile decidere qual è il momento che ci è piaciuto di più. Il sorprendente esordio del misterioso collettivo C'mon Tigre.
Spesso, per ragioni geografiche o per semplice abitudine, si pensa al mar Mediterraneo come a un mare con in mezzo l'Italia, eppure il centro di questo mondo è da cercarsi sulle coste, negli incroci di popolazioni, dialetti e suoni che hanno da sempre popolato i porti di questo mare.
Questo è il punto di vista di "C'mon Tigre", omonimo album d'esordio di un misterioso collettivo, coordinato da due anonimi leader che hanno raccolto e cucito assieme i contributi di un cospicuo numero di collaboratori di tutto il mondo (Jessica Lurie, Pasquale Mirra, Danny Ray Barragan, Eusebio Martinelli, Dipak Raji, Malik Ousmane, Simone Sabini e ovviamente il compianto Enrico Fontanelli degli Offlaga Disco Pax). Questa miscela di culture musicali e di influenze ha creato un risultato difficilmente etichettabile, che spazia tra il jazz e il reggae, tra l'afrofunk, la psichedelia e la world music.
Il baricentro, dovendone indicare uno, potrebbe essere la sponda nord del Mediterraneo, che va dal Marocco al Libano, ma i richiami sono davvero tantissimi, dall'ethio-jazz di Mulatu Astatke a vocalità più morbide e torbide che a tratti ricordano Gonjasufi, con tessiture di chitarre, percussioni e fiati che accompagnano attraverso tutto il disco passando dal primo piano allo sfondo in continuazione.
È la stessa emozione lenta e sorprendente che accompagna i momenti di trasferimento in un viaggio, quando aspetti di arrivare a destinazione, e guardi pigramente il paesaggio; in questa situazione si hanno spesso le migliori sorprese, piccole ma totalmente inaspettate: così sono alcuni passaggi di questo disco, come il finale electrojazz di "Life as a Preened Tuxedo Jacket", o l'incipit dalla coralità malinconica tipo Beirut della prima parte di "Building Society", o ancora le trame di chitarra da mescalero di "Welcome Back Monkey". Su tutto questo le voci degli anonimi coordinatori, a volte solo presenza di complemento ("A World of Wonder"), a volte protagoniste ("Malta, the Bird and the Bear"), ma sempre in grado di sorprendere e stupire.
Come ogni viaggio, però, e forse ancor di più in questo caso, è difficile dire quale sia l'elemento che possa piacere di più: forse a spuntarla è "Federation Tunisienne de Football", il brano con cui qualche tempo fa è stato presentato il progetto, e che assieme ad un video straordinario riesce a riassumere al meglio tutti gli aspetti di questo lavoro.
Comunque sono le innumerevoli stratificazioni con cui è stato tessuto questo disco, lavorato da un collettivo di decine di artisti di diverse nazionalità nel corso degli ultimi due anni, ad essere la chiave di lettura vera di "C'mon Tigre". Un disco complesso, ricchissimo di spunti ma essenziale nell'approccio, evitando (quasi sempre) l'autocompiacimento e i vezzi eccessivi, e che non ha bisogno di essere etichettato o esplicitare le proprie origini per essere apprezzato.
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La recensione C'mon Tigre di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-12-30 09:00:00
COMMENTI (2)
Visti live... bomba!
Disco enorme! Lp da avere per forza