Già dal primo brano capiamo come il disco conservi suoni ispirati in tutto e per tutto agli inconfondibili Moderat, ciò nonostante il gruppo parte col botto presentandoci dei suoni comunque studiati a dovere, al fine d'essere il più personali possibili, che permettono a qualsiasi ascoltatore di viaggiare innanzitutto coi cori che compaiono e scompaiono con fare ipnotico, poi con la tendenza minimal techno fusa all'ambient che, con suoni ripetitivi, che vanno progredendosi di volta in volta, ci introduce - tramite drum machine che in alcuni casi hanno l'aria d'essere una miscela di suoni riprodotti da un coordinato processo lavorativo di una qualche ignota macchina industriale - all'interno di strutture costituite da melodie caratterizzate da complicazioni che costituiscono dei toni quasi IDM, decorati da una trama glitch che, di brano in brano, risulta sempre più rilevante.
I veri capolavori del disco sono le due tracce di chiusura: "Propaganda" e "Shojna", la prima influenzata da un'iniziale impronta club sovrastata in seguito da glitch sottili, non troppo esagerati, per poi sfociare nella classicità di un pianoforte che lascia dedurre ad un pessimismo di fondo che raggiunge l'apice nella seconda di queste, che chiude in bellezza, allontanandoci dal sound generale del disco ed isolandoci con atmosfere caute.
Da sempre il comune concetto di musica, il più delle volte esplicato dai tormentoni radiofonici, ha portato la maggior parte della gente a reputare musica solo tutto quel materiale che rispettasse i canoni popolari che caratterizzano il più delle volte prodotti banali. "Propaganda" - che mi piace immaginare come un rituale rivolto ad un'entità eterea rappresentata perfettamente dalle tre statue dipinte sulla cover, come su di un manifesto di propaganda (per l'appunto) in pieno stile anni '30-'40 - è un messaggio provocatorio nei confronti dell'attualità musicale che mira a diffondere musica diversa dal solito.
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