Le verità folk-pop di un marinaio part-time
Dunque. Dici fiorino e ti vengono in mente: il furgone della Fiat, piccolo ma neanche grande, una delle prime monete d'Italia, la scena della dogana di "Non ci resta che piangere" con due magistrali Troisi e Benigni, e poi c'è Matteo Fiorino il cantautore spezzino.
Marinaio occasionale sugli yacht dell'alta borghesia, Fiorino usa la chitarra come scialuppa di salvataggio, abusa della musica a suo piacimento per riversare le sue frustrazioni o semplicemente per raccontare cose. Essenziale ed elementare, "Il masochismo provoca dipendenza" è un disco parlato più che cantato; l'attitudine da cantastorie e la "normalità" con cui Fiorino si esprime rendono subito amico il testo di ogni brano, l'ironia e la ripetizione delle porzioni di testo creano piccole dipendenze da cui è difficile scappare. A volte però sembrano reiterarsi all'infinito e un po' di noia sale. Folk-pop, ma anche rock nel finale di scaletta, ci sono diverse porte aperte in questo disco, a sbirciare dallo stipite tutte sembrano voler portare da qualche parte, poi però varcate ad una ad una si sopre che sono tutte collegate alla stessa meta, gli stili musicali (e con essi gli arrangiamenti) intrapresi lungo la tracklist suonano troppo omogenee, nonostante sia notevole l'impegno nel voler distinguersi.
Un tiro reggae bello chiaro emerge dal mucchio di lievi sfumature verso metà album ma è l'unico caso. Fiorino è una narratore di patemi d'animo, vissuti sempre con apparente distacco e nonchalance, tra metafore ispirate (l'essere "Esca per le acciughe" rimane ancora un mistero di interpretazione, ma a suo modo è geniale) e descrizioni pane e salame, canta di vita, di fallimenti di richieste di perdono ("Stornello dell'interfaccia"), raggiunge un alto picco d'ispirazione (valanghe di riferimenti a Dente, Dalla, Venditti, Brunori, Graziani) in "La buona occasione" anche se si sente la mancanza di un crescendo nei quasi cinque minuti di durata.
Pochi esperimenti, tanta concerta verità detta seduto su di un molo e con la sigaretta in bocca che si consuma da sola, poche grida perché non serve urlare per fare arrivare i messaggi quando sono inequivocabili pezzi di vissuto. La "griglia di sentimenti sfasata" descritta in quello che forse è il miglior pezzo dell'intero disco, "Verme solitario antropomorfo", esemplifica il vano tentativo di capirci qualcosa nei rapporti di coppia, è il vecchio gioco delle parti in cui a uno dei due viene succhiato tutto il sangue e poi lasciato con i grovigli in testa.
Un mondo consapevole quello di Fiorino, una musica popolare come è giusto che sia; dopotutto lui è uno del popolo, un volgare che parla di volgarità pungendo saltuariamente con frecciate letali, un bel disco d'esordio che lascia pochi dubbi sulle potenzialità musicali e piacevolmente straniti alla lettura dei testi, comunque da comprendere ed accettare così come sono. Il linguaggio è una meravigliosa cifra stilistica.
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La recensione Il masochismo provoca dipendenza di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-09 00:00:00
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