Auden Some Reckonings 2015 - Indie, Alternativo, Emo

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Gli Auden sono la migliore band di emocore in Italia

Diventa difficile credere che gli Auden siano stati fermi 10 anni prima che V4V tirasse fuori dal cassetto quel piccolo capolavoro che è “Love is conspiracy”. Io, che nel 2002 mi collegavo a fatica su un 56k per verificare a giorni di distanza se fosse davvero morto Layne Staley, ero anni luce lontana dalla folgorazione che quell'ep mi avrebbe regalato 10 anni dopo. E come in un finale lieto, gli Auden incidono un altro disco, e per riprendere le fila del discorso, diventa difficile credere che siano stati davvero fermi 10 anni. È più facile, naturale, per gli altri musicisti addirittura consolatorio, credere che in questi 10 anni si siano visti ogni sabato pomeriggio in sala prove, a tirare a lucido questi otto brani del ritorno (in free download qui). Non perdono neanche un grammo del sentimento profondo che sapevano trasmettere nel decennio scorso, e al confronto col precedente ep mettono subito in chiaro che così come nel 2012 funzionavano ancora il suono e l'intenzione del 2002, possiamo prevedere che “Some reckonings” funzionerà ancora, come suono, come intenzione, nel 2025.
La spiegazione non è da cercare in filosofiche disquisizioni su quanto il futuro fosse già scritto nel passato, ma piuttosto nel fatto che questo tipo di emocore ha un'estetica che resiste al tempo e ai confini geografici, riunendo tanto gli USA di entrambe le coste, quanto il math inglese, fino all'Italia e al Giappone. Quello che aggiungono gli Auden è un'abbondante oncia di sentimento.  
Se le coordinate musicali sono le stesse, qui li ritroviamo forse più maturi, soprattutto nell'uso della voce, che non è più quella di un ragazzino svogliato che metteva il cuore nel pigiama, ma quella di un uomo che non rinuncia a parlare con la franchezza dell'adolescenza. E il punto di vista cambia, e la sincerità viene filtrata dalla consapevolezza.
Basterebbe dire della tripletta iniziale per inquadrare il disco: “The day of reckoning”, col declamato à la Ian MacKaye; “Next regrets”, che per il riferimento a Ian Curtis diventa un'ideale what if; “False restart”, che è il ponte tra gli Auden di ieri e gli Auden di oggi. "The Winter of Two Thousand and Ten" è semplicemente epica. La conclusiva “Curtain” è la vera novità: rarefatta e cupa, con un incidere spossato e circolare, fino alla lunga coda straziante; una toccante lettera che ognuno di noi ha da indirizzare a qualcuno, e leggendone il testo penserete a quel qualcuno. Ognuno di voi penserà a qualcuno.

Gli Auden sono forse la rappresentazione più radicale, autentica e potente dell'emocore italiano, benedetti da una presenzialità estetica che dura da quasi vent'anni e che fa dei loro dischi dei veri oggetti di culto a cui dedicare ripetuti ascolti per perdersi nella purezza del sentimento che permea il loro linguaggio. Se non vi piacciono, avete un buco nell'anima.  

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La recensione Some Reckonings di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-02-02 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • SaulHSTNS 9 anni fa Rispondi

    cool!

  • ludos06 9 anni fa Rispondi

    Un lavoro che merita visibiltà.
    Cercherò con il passaparola di rendervi merito.
    Bravi.
    EMILIANO