Il "Luna Park" poetico-musicale di Davide in Solfrini su note celtic-british.
L'album "Luna Park" di Davide Solfrini non è un unicum musicale né tematico, bensì raccoglie 10 micro-storie ognuna con una propria identità distinta. Dal punto di vista musicale, l'alt-country che caratterizza il disco ne evidenzia l'ampia varietà che arricchisce l'anima fortemente british con influenze provenienti dall'elettronica, dal celtic e dal bluegrass. Talvolta si intromette anche il rock con qualche assolo distorto come quello di "Bruno".
Sono necessari più ascolti per entrare nella mentalità di chi ha realizzato il disco, il quale ha fatto della sperimentazione la colonna portante del suo progetto. Tanto che, ad esempio, in "Mi piace il blues" troviamo il blues come "special guest" del brano grazie all'inserimento dell'armonica, peculiarità del genere. Non si tratta di un blues canonico dall'inizio alla fine, ma anzi di piccoli assaggi, come la già citata armonica, che riconducono al tipico groove della black music del Mississippi e che sono inseriti in un contesto modernizzato, fuso assieme ad altre sonorità. In "Lavanderia", invece, tra una strofa e l'altra risalta la matrice british con il sound di tradizione celtica che costituisce uno dei tratti salienti dell'album.
Da "Bruno" a "Ballata", da "Mai più ogni cosa" a "Luna park", ad "Hardcore": frangenti di vita catturati ed imprigionati nei 4 minuti circa di ogni canzone. Un cantautorato particolare, poco comune, fuori dall'ordinario, a volte ermetico, riflessivo, energico, a tratti malinconico. Si potrebbe continuare ancora con la lista di attributi, perché "Luna Park" è un bazar poetico-musicale in cui si trova di tutto un po'. Basta "salire sulla giostra" per esplorarlo da cima a fondo.
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La recensione Luna Park di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-21 00:00:00
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