Un flusso di energia che si propaga attraverso i corpi e gli strumenti: vibrazioni eterogenee figlie di un’unica corrente armonica.
“Grandezza elettrica inversa alla resistenza, che indica l’attitudine di una sostanza a lasciarsi percorrere da un flusso di energia continua”. Questa è la definizione da dizionario del nome che i mHo hanno scelto per rappresentare la loro band, riuscendo a catturare l’essenza di quello che fino ad allora poteva sembrare solamente un insieme di entropia musicale proveniente da un garage perso tra i vicoli di Macerata. L’ep nasce dalla voglia di portare la mente e lo spirito dell'ascoltatore alla scoperta delle diverse atmosfere sonore caratteristiche del background musicale dei componenti della band: un mix di blues, folk, afro, funk e reggae.
La trama che fa da sfondo alle storie racchiuse nei cinque brani racconta di personaggi posti ai margini della società. Ecco quindi figure di donne e uomini invisibili che si confidano ai viaggiatori, come nel brano "Orbo", traccia trainante dell’ep, in cui un barbone metropolitano urla la sua sofferenza ad una platea sorda e disinteressata. Questa contraddizione viene riportata anche a livello sonoro attraverso un blues in 7/8 dai tratti aborigeni e mediterranei: una dicotomia presente nel climax iniziato da un arpeggio timido che viene spesso alternato a una chitarra slide distorta e dalle caratteristiche orientali. Gli armonici del didgeridoo, supportato dalle ritmiche incalzanti delle congas e djambe, contribuiscono infine a creare risonanze armoniche che accarezzano la nostra pelle donandoci una sensazione di rinnovata energia.
Segue "Mandarino", un brano dalle atmosfere africane, che racconta il viaggio di un immigrato costretto ad attraversare il mare per raggiungere una terra senza guerra, un viaggio ai limiti dell’umanità durante il quale l’unico pensiero è sopravvivere. "Last Action Heroine", la traccia dal passo più morbido di "ʊ", è la confessione di un’attrice porno ormai rassegnata a vivere nella sua cruda realtà, segnata dalla consapevolezza amara di non avere alternative alla sua attuale condizione.
Chiude il viaggio, "Il ballo dei miscredenti", brano dalle ritmiche reggae con una spruzzata di funk, in cui il protagonista incarna la figura dell’artista, un uomo tra gli uomini costretto ad alienarsi da se stesso per restare in piedi, come un equilibrista, su quella fune sottile che divide la realtà dalla fantasia.
Un debutto quello degli mHo che ci lascia in eredità un vasto mix di sonorità che, se destinato a concretizzarsi in un lavoro successivo, dovrà necessariamente abbandonare parte della sperimentazione sonora vista in questo album in favore di una ricerca introspettiva volta alla determinazione dell'identità mutevole della band.
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La recensione mHo ʊ di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-02-12 00:00:00
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