I Phonica escono fuori direttamente dalla pubblicità della Conbipel di un qualsiasi rotocalco con più figure che parole. A guardare le foto all’interno sembrerebbero aver avuto la malsana idea di lanciare un improbabile tipo di glam che farebbe fare soldi a palate a certi cappotti di pelle di marca - ma mi sa che difficilmente riusciranno a raccogliere consensi con il loro new look. E con la musica? Ci provano.
I testi non vanno oltre i Velvet (quelli nostrani, ovvio) o chi per loro (e già sono tanti), e tutte le più o meno sterili argomentazioni di qualsiasi pop (sospetto che ci sia in giro un prontuario) nella sua moderna accezione: romantici quanto lo richiede il mainstream, alternativi quanto lo richiede il mainstream. Per fortuna il sottofondo a tratti ci aggiunge un po’ di limone (ricavato con una sapiente spremitura di campionatori e chitarre distorte) a rendere un po’ più acida una coppetta che parrebbe artefattissima (in generale, ma insisto sulle foto!) e che (sempre a tratti) si sbilancia decisamente verso docili atmosfere la cui perseveranza renderebbe insopportabile il prodotto.
La voce alla lunga infastidisce per la melassa sonico-verbale che cola giù da certe false tensioni, inclinata (ma con troppa ricerca di equilibrio) tra quella dei Subsonica - nei casi in cui prevalgono le cavalcate elettroniche - e certi Extreme - quando in più di un caso gli arpeggi acustici ci richiamano alla memoria vecchi successi da Mtv del gruppo statunitense.
Tuttavia sembra che i mezzi ci siano, a giudicare dalle buone riuscite de “Il mio nascondiglio” o “Inceneritore” (sicuramente quanto di meglio si trovi qui dentro) e da certi arrangiamenti anche piacevoli, laddove non siano del tutto scontati. Ma non si capisce bene che idea abbiano di sé stessi, in bilico tra la voglia di riempire lo spazio sonoro e quella di piacere alle ragazzine riducendolo notevolmente (per farcele entrare più possibile). E non si dica che in fondo è semplice divertimento perché confezioni come queste si impacchettano solo con diversi soldini e rompendocisi sopra i ciglioni…e parecchio.
Questo è tutto e in definitiva la merce in questione potrebbe anche funzionare. Molto probabilmente hanno già le prime fan potenziali, che avendoli visti per caso si strapperebbero volentieri i capelli per il cantante. Aggiungere un buon video colorato dove si esaltano al computer gli occhi azzurri, le facce da duri o da intellettuali dello strumento (a seconda dei casi), per poi, alla fine del clip, farli tornare sulla terra e regalare l’impressione (dopo averli trasformare in dei), che sono ragazzi come te. In molti casi questa è la ricetta del successo (di cui i Phonica hanno già in dote alcuni ingredienti non del tutto negativi). In molti altri, tempo perso.
I ‘pellai’ ringrazierebbero.
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La recensione 11° (undicesimo piano) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-10-23 00:00:00
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