“Federico Tre e il Destino Infausto” è un disco uscito in cd nel 2005, ad opera della punk-rock band varesina P.A.Y. Parlarne ora, in occasione del decimo anniversario e della ristampa in vinile con lussurioso artwork (copertina pop-up e giornale allegato) o della release (con le versioni demo come bonus tracks) sulle piattaforme di streaming digitale, permette di aprire numerose parentesi e collegamenti, ovviamente col senno di poi. “Federico Tre e il Destino Infausto”, in estrema sintesi, è una punk-rock-opera in cui si parla della caduta di un dittatore, Federico Tre per l’appunto, per mano della resistenza. Un disco articolato, con vari spunti musicali non solo nel punk e carico di racconti surreali ma al contempo perfettamente pregni di allegorie di critica sociale. La recensione dei tempi, in gran parte ancora valida, la potete trovare qui.
Dal punto di vista sonoro il disco ha retto bene il passare degli anni, grazie all’abbondante (ab)uso di melodie e una produzione di gran livello, uscendo dalla ghettizzazione in cui si stava infilando il punk dei tempi e cogliendo lo spirito delle produzioni che avrebbero traghettato la scena (cosiddetta allora) indipendente nel mondo (cosiddetto) indipendente italiano, come per esempio i Tre Allegri Ragazzi Morti. Nome speso non a caso dato che questo disco fu una delle prime produzioni (in collaborazione con Venus Dischi) dell’allora neonata etichetta La Tempesta Dischi. Ma se iniziamo a fare i nomi, lo scorrere dei credits degli artisti che i P.A.Y. erano riusciti a riunire per questa opera collegando presente e passato si sprecano: Alberto Camerini, Olly degli Shandon (che da lì a poco si sarebbero sciolti e che del disco è produttore), il “puma di Lambrate” Fabio Treves, Massimo Martellotta (allora con Finardi e ora nei Calibro 35), Metius dei Thee STP e molti altri. E poi c’è lui, Roberto “Freak” Antoni, nella parte di Federico Tre, a mettere il suo estro situazionista al servizio dell’opera.
Ma il valore di questo disco, da riscoprire, non è solo nell’essere reliquia di un tempo andato, ma nella sua attualità continua. La scrittura per immagini, fortemente collegata alle favole à la Calvino, permette, una volta scartavetrati i forti schermi metaforici, di ri-trovare riflessioni su dinamiche (anche interne e sicuramente conflittuali) tra potere, antagonismo, produzione culturale e contro-culturale che continuano irrisolte fino ai giorni nostri.
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