Nicola Cioce gioca pesante e sceglie di comporre un album, per il suo esordio, non esattamente classificabile come easy-listening. “L’Ora Blu” è un lavoro corposo, complesso e adulto, dai testi articolati e in cui si percepisce tutto l’impegno profuso per rendere un’opera prima per niente scontata. Quello che ci troviamo davanti è un artista con un potenziale compositivo e interpretativo commerciale da non prendere sottogamba, perché qui non parliamo di nicchie e sperimentazioni, ma di puro e sano pop italiano dalle radici saldamente ancorate al cantautorato.
Un lavoro di qualità che trae ispirazione dai pilastri della musica leggera italiana di fine anni ’90, tralasciando totalmente gli esterofilismi; viaggiando tra numerosi riferimenti senza però perdere la propria identità, molto forte e caratteristica in ogni traccia. Nel complesso si percepiscono le influenze di Pacifico e Ivano Fossati fino ad arrivare anche a Giuliano Dottori (che ha materialmente partecipato all’interno dell’album), ma senza escludere delle derive decisamente più commerciali.
Questa composizione molto matura, però, scricchiola in alcuni brani come “Scegli tu” e “Un solo giorno” in cui l’ascolto è risulta essere fin troppo impegnativo per un album pop.
Accendendo la radio sarebbe bello ascoltare invece un pezzo come “Punto di contatto”, commercialmente il più interessante della tracklist. Un brano camaleontico in cui strofe e ritornello viaggiano su binari diversi: le prime riportano alla mente la melodia sanremese di “Storie” di Anna Oxa ed il cantato di Tiziano Ferro, mentre le due estensioni di ritornello ritornano allo stile originale dell’album.
Nel complesso “L’ora blu” funziona, ma ciò che manca e di cui si sente una maledetta sete è la spensieratezza, quel tocco infantile, incosciente e meno calcolato che forse avrebbe reso tutto più affascinante.
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