L'Ira Di Giotto potrebbe essere la boy band della scena indie italiana. "Canzoni Dalla Scatola Nera" è un album semplice, che non delude se non ci si aspetta troppo.
A L’Ira Di Giotto non si può dir niente. Il loro primo album, “Canzoni Della Scatola Nera” è un album pop rock poco impegnativo; si fanno infatti spazio brani orecchiabili, dai suoni scontati e semplicistici, corredati dalla voce del frontman che ricorda vagamente quella di Tiziano Ferro, senza peraltro esserlo.
Tratto distintivo dell’intero album è l’allure da poeti maledetti (“per non toccare il fondo/io vivo giù all’inferno” la confessione decadente de “Lagrandepressione”) che li porta a partorire frasi senza senso (si parla di “cervello bisestile” in “Lisca d’uomo”) lungi da un ben più raffinato nonsense, così caro alla scena indie italiana, fino ad arrivare al brano “La mia Waterloo” che non riesce a convincere nel combinare la dimensione del “macro” della citazione storica e quella del “micro” dell’esperienza personale; per finire, non si lasciano scappare la canzone d’amore, che si colora del più illuminante dei versi (“la sola vera stella sei tu” in “Eva”).
Poi ci sono le registrazioni dell’album al Blue Noise Recording Studio di Trento rigorosamente in presa diretta, scelta che sarebbe stata importante per l’immediatezza del disco, sia a livello di resa che a livello concettuale ma che, nel caso de L’Ira Di Giotto, si perde in una presa diretta fine a se stessa.
Potrebbe essere un gruppo “credibile”, per certi versi molto attraente; potrebbero formare una “indie boy band” di successo. Hanno fascino, sono semplici e colpiscono i centri nevralgici dell’ascoltatore (indie) medio. Unica, dolorosa pecca, hanno scarso valore artistico. Ci sono cose più gravi.
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La recensione Canzoni Dalla Scatola Nera di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-25 23:00:00
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