“16 anni dopo”, l’atteso greatest hits de L’Invasione degli Omini Verdi, giunge appunto dopo 16 intensi anni di sfrenata attività e poco dopo un anno dal sesto album in studio, “Il banco piange”. I brani del doppio lp si mostrano coerentissimi e compatti, nonostante siano stati composti in anni e situazioni differenti, e questo sia nei 23 pezzi storici del primo disco, aggiornati, alla luce delle evoluzioni maturate negli anni, e risuonati da zero, e sia nel secondo disco, contenente b-side, chicche varie (tra cui la cover di “Police on my back” dei Clash) e tre inediti.
Musicalmente vengono sfoggiati con disinvoltura gli ingredienti standard del punk/hardcore contaminati con incursioni nu-metal, stoner, crossover, dando vita ad un suono corposo, massiccio e decisamente attuale. Ritmiche sostenute, chitarre aggressive, riff taglienti e cori da cantare a squarciagola si susseguono dal primo brano del primo disco fino all’ultimo (nonché trentunesimo!) brano del secondo disco. Marchio di fabbrica del combo bresciano sono poi i testi solitamente ispiratissimi, di denuncia contro la corruzione, contro le ipocrisie della religione, contro un mondo sempre più insensato e anestetizzante; e da ogni parola trasuda la disillusa lucidità di chi non riesce ad omologarsi perché non vuole adeguarsi a questa alienata realtà: “puoi vivere o esistere”, non ci sono alternative.
Altro punto di forza della band, poi, è che provando a cantare le canzoni accompagnanndosi solo con una chitarra acustica, ci si rende conto che queste non perdono una virgola d’attitudine ed esistono benissimo anche senza le curatissime strutture degli arrangiamenti, cosa non sempre scontata in questo genere e segno evidente di un’attenzione compositiva di tutto rispetto. A testimoniarlo, in questo stesso disco, ci sono le versioni acustiche di “Nato morto” e “Ancora qui”, che colpiscono a segno anche senza i “pugni nello stomaco” delle loro versioni elettriche. Un ottimo riassunto della carriera di questi “alieni” del punk rock tricolore, carriera che speriamo possa essere ancora lunga e costellata di altrettante “stelle”.
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