Un presente di trip hop e ricerca elettronica, tra l'aplomb minimale e le derive oniriche.
Come se esistesse soltanto il presente, fatto di tratteggi essenziali e sentimenti concentrati in singole immagini e frasi che sono il malinconico compendio di un umore che oscilla tra scivolosi appigli e poche luci. Una parata rituale di trip hop e ricerca elettronica per prepararsi al meglio ad affrontare un giorno solo, ché quello conta e per ora basta, e tra l’aplomb minimale e le derive oniriche si dilatano infiniti paesaggi, ognuno adatto a ospitare i pensieri che ti attraversano proprio adesso.
“No Angels in Bristol” è una piazza notturna densa di echi e riverberi, e mentre cerchi disperatamente un abbraccio trovi il momento perfetto per capire qualcosa che prima ti sfuggiva, sarà la somiglianza della musica alla materia dei sogni, sarà il crescendo di un cerimoniale sintetico che celebra un addio (”How could you leave me here with no angels?” dolcemente ripetuto infinite volte), ed è un brano che vibra di meraviglia, e così intenso da mangiarti un po’ il cuore; e lo assaggia in principio pure “Airy”, che parte rarefatta e ovattata tra radure nostalgiche e lontane tempeste che ricordi soltanto per ciò che hanno lasciato, e diventa poi una marcia fatta di macchine scintillanti che s’agitano sotto il tocco di chi le guida.
“Lonely Heart” è un pianoforte che diventa il centro immenso e urlante della nostra solitudine, e ogni tasto spinge in profondità diverse, sfiora nervi e muscoli distanti, e ci avviciniamo per allontanarci di nuovo, come succede da anni ormai. “Wondering” chiude trascinando via il giorno, quel giorno solo che contava e s’è ritratto infine come le onde sulla riva, lasciando vaghe tracce di sé che presto dimenticheremo: come vorrei che ci fosse soltanto un presente, il tuo e il mio, e sulla riva l’intensità perduta.
Sophie Lillienne (ovvero Marco Vezzonato) crea paesaggi e lascia che l’immaginazione ci navighi dentro, in un progetto che lega la musica alle foto e ai visual ( grazie alla collaborazione di Gioia Guadagnin ed Enrico Zambusi) per un percorso che sfiora sensi diversi, spinge in superficie umori e, alla fine, ti mangia un po’ il cuore.
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La recensione The Fragile Idea di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-04-01 09:00:00
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