Ironico e surreale, Pecori Greg si mette in proprio e firma un album di esordio scoppiettante.
“Valerio Canè non è un nome da rocker”. E Pecori Greg allora? Ne vogliamo parlare? Anche no. Perché è come decidere di radersi i capelli o di eliminare il caffè e le sigarette. Una formalità, insomma. Ma poi, per quale motivo Valerio/Pecori dovrebbe preoccuparsi di quel che ha già sancito da tempo l’ufficio anagrafe della sua città? Si scherza, sia chiaro, e poi rocker si nasce (forse), in ogni caso lo si diventa a forza di frequentare cattive compagnie. Mariposa, 400 Colpi: il curriculum parla chiaro. Già, bisogna fidarsi di Pecori Greg.
Un esordio (da solista) scoppiettante il suo: “Merry Krishna Hare Christmas” sembra uscire fuori da un contesto surreale, quasi fiabesco. Tra spericolati giochi di parole (dice nulla il titolo?) e personaggi stralunati intenti ad affollare un piano narrativo schizoide, l’album spazia tra l’hip hop sbilenco di “Ginger bomber’s number” e il rock degli anni ’90, ricorrendo anche a suoni più scheletrici (“Lo spaventapasseri”), al folk-blues se non all’etnico post-freakkettone (la title track). Con tanto di riferimenti a Beck (un po’ di “Midnite vultures”, un po’ di “Odelay”) e persino ai Beach Boys (“Ritiro gormiti usati”) compresi nel prezzo.
Diverte Pecori Greg con le sue canzoni disinvolte e ironiche, anche quando cita e omaggia: è sufficiente il minimo sindacale di attenzione per scovare i rimandi disseminati nell'album: Lucio Dalla, Robert Johnson, Mano Negra, Bruce Springsteen, la “Linea” di Osvaldo Cavandoli. A conferma di quanta ciccia si possa trovare tra le latitudini di “Merry Krishna Hare Christmas”.
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La recensione Merry Krishna Hare Christmas di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-08-28 00:00:00
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