La Sindrome di Kessler La Sindrome di Kessler 2015 - Rock, Noise, Indie

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Un album denso, difficile, 'rumore' cosmico messo in musica.

L’immagine che il nome della band campana evoca riassume appieno il mood di questo primo album. Le probabilità di collisione sono altissime, la densità dei frammenti elevata, il 'rumore' dei resti difficilmente sostenibile.
L’indie rock contaminato dal noise dei La Sindrome di Kessler traccia percorsi imprevedibili che in apertura ("Fanfarlo") ricordano il rifluire delle onde, un sollevarsi e riabbassarsi melodico e vocale, un crescendo strozzato, soffocato, chiuso vocalmente, che poi si apre per ricadere, come a infrangersi in levare (“Illuso e confuso vago ma senza lasciarmi andare”). Sperimentazioni che individuano il recitato in chiusura di “Sinuose alterazioni” e la traccia strumentale “La detonazione delle nuvole” che la precede immediatamente, anticipandola e facendole da intro. I suoni si sfaldano, ed è un lento sfaldarsi più che una detonazione. Dallla terra al mare, dal mare allo spazio, oltre il cielo.
Nell’incantatrice traccia numero 5, “Condizione immune”, le parole e le melodie si avvolgono su se stesse, ripiegano come spire di serpente. È la condizione di chi è all’inferno anche se dice di restare nel limbo: “Io resto nel limbo resto al vento ma tu non riuscirai a farmi voltare quel che ho subito lo elimina il tempo, quel che ho vissuto, ricorderò”. Euridice si è voltata, quando le fu data la possibilità di uscire dagli inferi guidata dall’amore, dal poeta-musico per eccellenza Orfeo. E si è dissolta. È un ripetersi che non accadrà, un temere che accada. È forse il tempo l’inferno?
In “Le direzioni” i campionamenti di archi aggiungono lirismo a questo sanguinare annunciato a inizio pezzo, questo bagnarsi di sangue, struggente ma pensato, metabolizzato (“Le direzioni sono opposte al volere e dal volere ma il paradiso è sconfinato presto toccherò qualcosa c’è qualcosa”) mentre, a tratti, riecheggia un’epicità struggente da ballata britannica ottocentesca.
I detriti mentali e onirici provenienti dall’inconscio e dalla razionalità spinta riempiono l’orbita bassa intorno alla persona-Terra, si scontrano e aumentano il rischio di collisioni successive. Si innesca una reazione a catena che prospetta un futuro prossimo obnubilato, iperframmentato, accecante. Piccole dimensioni, alte velocità, spazi sovraffollati inattraversabili. Impossibile recuperare e smaltire questi rifiuti dell’anima, questi relitti possono solo essere messi in musica, in mostra.
L’album si conclude con il respiro profondo, viscerale di “New day”, il respiro dopo una fine, prima di un inizio. Un album denso, difficile, che richiede più ascolti, ma che lascia qualcosa, come il ritratto iperrealistico di una discarica a cielo aperto.

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La recensione La Sindrome di Kessler di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-20 00:00:00

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