Mi aveva inizialmente disorientato leggere il nome dei Black Lips nelle note stampa di quest'esordio targato Bee Bee Sea; mentre prestavo attenzione alla descrizione, c'era in play la prima traccia, "The garage one", un boogie'n'roll che parte da lontano, probabilmente da Marc Bolan, per arrivare su su fino ai The Black Keys. Già nei primissimi frangenti, quindi, la percezione è quella di aver a che fare con qualcosa di "grosso". Però è sempre meglio ragionare e aspettare che tutte e 10 le tracce siano state consumate prima di lanciarsi in giudizi affrettati.
Ebbene, dopo una full-immersion durata praticamente una settimana, il verdetto supera persino le impressioni iniziali; Damiano Negrisoli (voce, chitarra), Giacomo Parigi (basso, cori) e Andrea Onofrio (batteria, cori) realizzano un album strabiliante, di fronte al quale un giornale come il NME avrebbe - ne sono certissimo - speso lodi e pagine se solo il trio fosse originario di Liverpool o Manchester. Perché Bee Bee Sea è, per quanto mi riguarda, una delle espressioni più fresche e genuine del rock'n'roll "made in Italy" pronto per l'esportazione su scala mondiale. Era infatti dai tempi in cui raccontai dell'ep dei New Candys (anche qui si trattava di un esordio) che non mi esaltavo così tanto. Ma al di là della personale predilezione per il genere, l'aspetto più incredibile di queste 10 canzoni è il taglio pop trasversale, dettaglio che in altri contesti mai avremmo associato ad una manifattura italiana.
Invece la bellezza nasce in quel di Mantova e viene forgiata fra le mura del T.u.p. Studio di Brescia da Bruno Barcella e Alessio Lonati, i quali, non solo arrangiano e producono i brani, ma lavorano con "la romantica convinzione che ogni brano dovesse risultare un singolo". Sia chiaro: non è detto che basti avere una simile attitudine per giungere al risultato sperato, però nel caso specifico sono applausi a ripetizione. Non abbiamo idea dei provini (e poco importa), ma i due seduti in cabina di regia hanno davvero contribuito a rendere strepitoso questo album, facendolo suonare esattamente come dichiarato nelle note stampa. Per cui non ci sono solo singoli, ma fra questi ci sono persino i super-singoloni.
A cominciare da "Lou weird" (questa sì intrisa di big-sur californiano) e della successiva "Mary", un ibrido che mette insieme The Coral, Franz Ferdinand, Supergrass e i Blur più nervosi. Dovrei anche raccontarvi di "All the boys all the girls" (non vi sarete dimenticati i Kaiser Chiefs di "Employment", vero?), "Stoned by your love", "Vampire George" e "Y stripes" prima di passare a "Monday morning", l'altro super-singolone che contiene schegge dei R.E.M. prima maniera mischiate con l'irruenza degli Who (oltre a ricordare moltissimo il sound della colonna sonora - alzi la mano chi se la ricorda... - di "Backbeat").
Lo spazio a disposizione si sta esaurendo e mi limito quindi a segnalare esclusivamente la chiusura garage con deriva psichedelica di "Just myself", l'ennesima ciliegina sulla torta di questa mezz'ora di musica. Davvero, mi fermo qui ché andando oltre rischierei di annoiarvi, avendo già esaurito la dose necessaria di superlativi. Perché sono certissimo che mai come in questa occasione saranno le canzoni a convincervi dell'assoluta bontà di questo lavoro. Garantito al limone.
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