“Holy Hell” è un disco in bianco e nero. È fatto di energia oscura e attraente. Con un’anima dark, l’attitudine rock e il cuore che arde, Ambra Rockess costruisce il suo album d’esordio su 10 tracce, quasi tutte in inglese, che guardano oltre i confini nazionali. Lo stile vocale ricorda quello dei No Doubt di successo (in “Springtime Innocence” o “God is love” per esempio), quando Gwen Stefani faceva impazzire gli adolescenti degli anni ’90; ci sono gli Evanescence nell’uso costante del piano, nella voce dark e precisa; e poi c’è spazio per sprazzi di Skunk Anansie che emergono qua e là (“Holy Hell” più di tutte) quando si punta sulla potenza.
“God is love” sarebbe la migliore se non eccedesse nel ritornello, perché rivela scelte compositive particolarmente felici, tipo l’uso della base elettronica che però resta troppo a lungo sottotraccia. Tre sono i brani in italiano (“Diamanti”, “I tuoi occhi” e “La nostra vita all’inferno”), ma nessuno sembra convincere completamente, attestandosi su una normalità che non spicca.
Nel complesso anche il giudizio per “Holy Hell” è bicolore: la voce, elemento essenziale, è calda, potente e sicura di sé; la musica e gli arrangiamenti funzionano sempre bene, anche quando si fanno più complessi (e per questo complimenti al sound engineer Umberto Ferro) e comunque non sacrificano il messaggio. A parte questo manca forse quel tocco di originalità e coraggio in più che permette di fare il salto di qualità. Ma le premesse ci sono e questo è già un buon punto di partenza.
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