Tensione emotiva e ombre sonore per un disco profondo e ricco di significato
La situazione ideale per l’ascolto del nuovo lavoro di ManzOni, “…si aspetta l’inverno…”, risiede senza dubbio all’interno di una piccola stanza, in un mondo parallelo, seduta in terra a gambe incrociate, sguardo fisso ed attento sulla band che mi ipnotizza con i suoi racconti parlati, sussurrati, talvolta gridati, ma sempre senza fare troppo rumore, almeno in apparenza. La superficie di questo disco infatti sembra calma, silenziosa mentre, al contrario, dentro ad ogni brano c’è una profondità tale da spaventare chiunque, una profondità nella quale le parole vengono plasmate fino a diventare creature viventi.
L’oppressione delle atmosfere qui dipinte trovano la loro quadra nei loop stranianti di “Lento”, sound dilatato come un orologio che si scioglie, mentre vengo cullata in un limbo inquietante, o nelle tinte rigide di “12-11-1994”, dove il sound scarno lascia spazio, come in tutti i brani del lotto, al cantato -che è più un recitato- fungendo però da elemento portante e imprescindibile senza il quale niente di tutto questo sarebbe possibile. Le sole parti strumentali largamente presenti, cariche di tensione emotiva, hanno anch’esse la loro importanza, come in “Manca il ritorno”, affilata con quelle chitarre che ridondano di post-rock sul finale, fino a giungere a “Vittorio”, il ritratto di un uomo “in compagnia della sua storia d’amore e di una notte lunga da passare”, pezzo in cui le ombre sonore si allungano così tanto da diventare palpabili e assumere un peso specifico importante. Le emozioni rimangono sempre tese all’infinito, sempre sull’orlo del frantumarsi inevitabilmente, implodendo dentro ogni brano, prendendo forma tramite i racconti limpidi e nervosi (“Il suono di un bacio”), ora rabbiosi (“Com’è”), ora trascinati (“Un bel discorso”). Gli angoli sonori vengono smussati, almeno inizialmente, in “La festa”, che stupisce con quella chitarra acustica quasi atipica arrivati ormai a questo punto del disco, sino a virare in un dialogo ricco fra i suoni freddi di un’elettrica e quelli acuti di un mandolino (“e vivi e morti, tutti a far festa nella mia testa”), per poi cambiare nuovamente rotta in altri momenti dilatati. Anche la conclusiva “(inverno)”, senza proferire parola alcuna, riesce a comunicare intensamente, solo grazie al continuo e circolare inspirare ed espirare che si ode fra le pieghe delle chitarre lontane che salgono verso l’alto.
“…si aspetta l’inverno…” è un disco che riesce ad entrare sottopelle in maniera decisa, nonostante non sia di facile ascolto ma richieda, al contrario, una consistente attenzione. Ed è proprio per questo motivo che, una volta conquistati da ogni singolo brano, non ce ne dimenticheremo così facilmente, andando a cercare, nei momenti più opportuni, quelle emozioni che i ManzOni sanno perfettamente maneggiare.
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La recensione ...si aspetta l'inverno... di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-04-10 00:00:00
COMMENTI (1)
Considero questo un album bellissimo, che difficilmente non farà breccia in chi ama la musica.Una proposta unica, questa dei Manzoni, che rimanda piu ai mogwai che non al piu facile accostamento con i massimo volume, ma che non puo non sorprendere per la sua istintiva originalità. Non è un facile ascolto e richiede attenzione, ma se ve ne dedicherete verrete ampiamente ricompensati. Le prime quattro tracce sono delle perle che rendono il resto dell'album un regalo, un qualcosa in più che non avremmo avuto il coraggio di chiedere.
Per me, imprescindibile.