PAPERBOY di Mr.Neklaz & John B. Viaggiare nel tempo e tornare a scuola.
Diciamolo subito, Paperboy funziona. Lo intuisci premendo play sulla prima traccia, te ne convinci procedendo con l'ascolto, verso la fine ti viene voglia di indossare pantaloni larghi, abbassare il finestrino dell'auto, mettere fuori il gomito e muovere la testa a tempo. Sarà il flow veloce, il rappato in inglese, la voce taglienete e la tonalità "alta" di Mr.Neklaz, tutti elementi di una personalità ben riconoscibile. O forse sono le strumentali, i campionamenti ben fatti, le sonorità curate di John B. Più probabilmente è l'insieme delle due cose, mixate in un disco con una sua solida integrità di fondo che ne valorizza le peculiarità stilistiche. Eppure il disco a un primo ascolto appare tutt'altro che uniforme. È come se a livello sonoro fossero presenti tutti i primi venti, venticinque anni della storia dell'hip hop. Da fine anni '70 coi campioni disco, passando per sonorità più electro in stile Afrika Bambaata, arrivando al boom bap anni '90 con campioni più complessi e articolati. Ma anche swing, dirty south, dancehall, golden age.
Tutto gira bene e pezzi come "Fat boah reflextion - Interlude" (una riflessione ad alta voce su campione di una versione un po' swingeggiante di "Love is blue"), legano il tutto contribuendo a creare l'idea di essere proiettati in uno spazio unitario.
Effettivamente il disco ti porta via. Ed è bello viaggiare attraverso queste diverse atmosfere. L'ironia dell'MC poi in certi pezzi gira da Dio. In altri va un po' oltre e rischia di graffiare troppo, rovinando la superfice di brani che avrebbero ottime potenzialità. Ad esempio "Francine" (pezzo scanzonato su campione Michael Jackson periodo disco) per quanto ironica, eccede. Le liriche, decisamente pesanti, non sono neanche smorzate dal loro essere rappate in inglese e contrastano con la base ballerina. Peccato. Ma venale, tutto sommato. Perché riuscire a rimanere anche solo credibili su così tanti stili diversi non è scontato. Farlo bene è quasi addirittura raro. "Paperboy" è dunque un bel disco. Soprattutto è un bel disco hip hop, nel senso più vero del termine. Fin dall'intro "live", c'è odore di strada, di block party, intensificato da tracce interamente affidate al producer (ma forse dovremmo usare la parola Dj) John B. Roba diversa da quella che gira oggi in Italia, insomma, il che forse rischia a tratti di rendere il progetto un po' elitario. La scelta del duo però e precisa, nessun compromesso. E allora pronti per il viaggio, e mi raccomando: giù i finestrini e testa a tempo.
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La recensione PAPERBOY di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-07-02 00:00:00
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