Il Veneto si conferma una volta di più terra fertile per garage e psichedelia, aggiungendo alle band da tenere d'occhio anche gli High Mountain Bluebirds. Questo secondo ep lascia agilmente alle spalle i piccoli nodi dell'esordio (la poca riconoscibilità, gli ammiccamenti a certi fuggevoli trend dell'indie rock) per sfoderare quattro pezzi di assoluto valore.
Salta all'occhio in particolare la prima "You can see the light", con il suo incedere al tempo stesso agrodolce e squisitamente pop, con gli inserti di synth sapientemente dosati e la voce sottotraccia, fino all'entrata dei cori, sbarazzini e ipnotici insieme, e alla lunga coda strumentale, inusuale nel genere, ma che consente di dilatare con grazia le atmosfere del pezzo.
Una tecnica utilizzata anche in "Conegliano", sorta di canzone-gemella dell'opener, senza la stessa forza melodica nel cantato, ma con un riff indianeggiante che resta impresso e si presta a innumerevoli manipolazioni e distorsioni, tanto che i sei minuti di durata sembrano passare in un lampo.
E le influenze che la musica orientale, componente fondamentale della prima psichedelia, ha sul suono, ovviamente più moderno oltre che con diversi lampi australiani (dagli Easybeats agli Hoodoo Gurus, ai Go-Betweens), degli High Mountain Bluebirds è forse il maggior pregio di questo "Floral tapestry", che riesce ad aggirare i canoni del genere senza esagerare con i voli pindarici, affidandosi unicamente al gusto e alla vasta cultura musicale dei suoi autori. Che sono davvero un gruppo da segnarsi: aspetterò il prossimo lavoro con impazienza.
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