Avete presente una folgorazione? Sì, una di quelle cose che a chi ama la musica succede poche volte in un anno, soprattutto se l’hobby principale è quello di ascoltare demo di band sostanzialmente autoprodotte - o comunque lavori editi da etichette indipendenti, come in questo caso.
Tocca così a un gruppo come Marta sui Tubi suscitare questa bella sensazione, sorta di ‘colpo di fulmine’ che ti costringe al punto da passare il loro in cd in loop sul tuo lettore qualsiasi sia il momento della giornata in cui decida di farlo. D’altronde si tratta di poco più di mezz’ora di musica che racchiude 11 canzoni in bilico tra uno strambo cantautorato e un lo-fi di matrice acustica sbalorditivo per le originali trovate in fase produttiva. Coadiuvati infatti da un esperto del genere, tal Fabio Magistrali, ecco questo duo - di cui su queste stesse colonne erano stati espressi pareri favorevoli fin dall’ascolto del loro demo - irrompere prepotentemente sulla scena italiana meritando fin da subito l’attenzione di addetti ai lavori e (soprattutto) del pubblico pagante.
Muscoli e Dei, come da copione, mantiene le promesse e presenta una band ispiratissima, dotata (finalmente!) di uno stile personale che ci piace perché recupera gli insegnamenti della tradizione cantautorale italiana stravolgendoli, strozzandoli. Nell’anno in corso ci avevano già provato i Cods in questo tentativo, ma pur realizzando un album per molti versi eccellente, non erano riusciti a piazzare il colpo decisivo che invece la coppia in questione assesta al primo tentativo. Non compiono chissà quale rivoluzione Marta sui Tubi, ma molto semplicemente hanno il dono di saper comporre canzoni che rapiscono l’attenzione, destano l’ascoltatore e lo lasciano incollato. Ancora, scrivono canzoni che hanno spessore e ‘profondità’, sia musicalmente che a livello di liriche, risultando, a seconda delle occasioni, frizzanti (episodi come Il giorno del mio compleanno, splendida intro, Sei dicembre e L’equilibrista potrebbero darvi qualche indicazione…), neo-acustici (Vecchi difetti, Le cose cambiano) o anche abili sceneggiatori di climax sonori trascinanti (Post, Stitichezza cronica).
Credo ci siano comunque molte altre sfumature da scoprire in un lavoro che veramente non teme confronti con i nomi strombazzati di artisti fin troppo spesso sopravvalutati; sempre che il genere vi piaccia e siate disposti a mettere nuovamente in gioco l’idea di pop (perché in fondo di questo si tratta) che vi siete fatti.
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