Disco d’esordio per i Parados tra elettronica e acustico. E i Radiohead come spirito guida.
Una vittoria al contest Sae presentato al MI AMI del 2013 come biglietto da visita. Fino alla prova più attesa, all’appuntamento irrinunciabile per qualsiasi musicista: quello con lo studio di registrazione. I Parados firmano l’esordio sulla scorta di un passato incerto (tutto iniziò con un duo acustico) e un presente grazie al quale i ragazzi milanesi sono riusciti a ottimizzare, oltre ai necessari anni di gavetta, le tante anime presenti tra le pieghe della band.
“Parados” è un disco al cui interno si muovono in combutta elettronica e istanze pop, richiami cantautorali (l’attenzione per i testi è massima) e schegge in odore di prog. Sintetizzatori e drum programming finiscono per abbracciare avvolgenti sonorità acustiche (“Venere” valga come esempio), mentre la voce di Luca Nistler salta e prova a volare alto, a volte con modalità discutibili (“ø”). Sullo sfondo giacciono tracce di psichedelia, vero e proprio collante dell’intero progetto, anche se ad assurgere al ruolo di spirito guida sembrano essersi prenotati i Radiohead post “Ok Computer”. E non solo per l’uso dell’elettronica o per una comune attitudine, quella di sperimentare: l’ascolto di “Sylvia Rivera” rimanda inevitabilmente a “Knives out” (una delle tracce di “Amnesiac”) ed è innegabile che tra le due canzoni ci sia più di un collegamento.
Resta il fatto che ci troviamo di fronte a un lavoro ispirato, evocativo, per giunta ricco di suoni attraenti e non privi di un certo fascino. Sarebbe ingiusto far finta di nulla di fronte ai Parados e al loro talento.
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La recensione senza titolo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-06 00:00:00
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