Quanto somiglia l'arte a quello che fa un funambolo? Camminare per aria su un filo sottile mantenendo l'equilibrio, guardare sempre avanti, con tutt'intorno una vastità che un po' fa paura e un po' attrae, e stupire chi guarda dal basso dando l'impressione di fare tutto con semplicità e naturalezza, come se non si sottostasse alle leggi che regolano la vita di un normale essere umano.
Probabilmente sembra iperbolico parlare in questi termini della musica e della carriera di Caterina Barbieri in arte Missincat, però al di là del facile filosofeggiare si può serenamente dire che “Wirewalker” è un bel – e giusto – titolo per il terzo lavoro della cantautrice milanese, un titolo che riassume il tentativo di muoversi in equilibrio fra i toni “casalinghi” e minimali degli esordi e il mood più corposo e metropolitano che si affaccia in queste dieci canzoni. Guardare sempre avanti, ogni distanza percorsa un momento di crescita, ogni canzone il disvelamento di un pezzo di sé, in un cammino fatto di passi decisi e delicati come la sua voce, che sa essere infantile e adulta, forte e vellutata, danzare senza mai perdere il tempo e l'espressività sulle note di un pop gioioso nella sua sottile malinconia, intimista e arioso. Brani che oscillano senza mai cadere fra la dimensione del sogno e del gioco e la concretezza di arrangiamenti moderni e sofisticati che ne fanno un “prodotto” dalle ambizioni internazionali.
Sguardo in alto, leggerezza e passo fermo: camminando su un filo si può arrivare lontano.
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