Un garage di disciplina per i Peggy Germs
Quello che stride sin dalla traccia di apertura "I'm Never Coming Back", è l'approccio improprio dei Peggy Germs al garage. In controtendenza al genere, la band si adagia su riff talvolta compassati e in parte penalizzati dalle parti vocali non totalmente all'altezza. Migliore è il tentativo ironico della psychobilly "You Really Love Me", grazie al fortunato punto d’incontro di organetti anni '60 con le chiare influenze di Sonics o i più recenti Fuzztones.
L'estetica del sound non è mai lasciata al caso, i sei elementi dei Peggy Germs, da anni sulle scene con ampie esperienze musicali pregresse, conoscono molto bene il mondo a cui appartengono e così sfruttano appieno i vibrati di chitarra e i tipici ritmi pulsanti del garage rock. La voce non può esaltarsi come ci si aspetta dalla forza animalesca dei cantanti punk e nemmeno può essere paragonata alla versione crooner di Elvis o Danzing; di fatto mostra i suoi limiti in una conseguente implosione di cliché rock'n'roll alla Lemmy Kilmister senza mai affondare il colpo. Ad ogni modo l'alternanza tra i suoni sixties e il garage, ci porta alla sua naturale maturazione e bilanciamento nei suoni con il potenziale singolo "Wanna Do It". Organi alla Monkees, cambi melodici, ritmi ancora più frenetici, si prestano alla composizione più articolata del gruppo di Bolzano, dove anche le parti vocali ritrovano ispirazione nei diversi cambi di registro. Nel surf di “I Can Say” l’impronta dei Monkees si fa ancora più evidente nei suoni di “I'm a Believer", divenendo così il brano più accattivante e il più forte nei live.
Meno di rilievo ma pur sempre interessante è l'introduzione parlata dell’ultima canzone dell’album: "She". Canzone che presenta il monologo ripreso dal film Dracula del 1931, rimarca ancora una volta i legami con le band garage punk spesso ispirate dagli horror cinematografici e dai b-movies americani. Il brano in sé è una scia strumentale alla “Highway Star” nel celebre solo di tastiere di Jon Lord, racchiudendo così tutto il mondo dei Peggy Germs, dove la violenza degli effetti sulla chitarra ancora più rabbiosi e sporchi, svela un lato anche più intenso rispetto al resto del repertorio della band.
---
La recensione Peggy Germs di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-22 00:00:00
COMMENTI