Stoner massiccio, con annessa mitologia sovietica. Ancora acerbo, ma i frutti sono fatti per maturare.
Demikhov non è un nome qualunque: è quello del folle vivisettore russo (1916-1998) che, tra le altre sue encomiabili imprese (sono ironico), annovera quella del cane a due teste. L’iconografia sovietica che accompagna le locandine della band lo conferma, così come la title track, che consta di una campionamento in loop di una voce che parla di consapevolezza della classe operaia.
Quanto ci sia di sarcastico e quanto di convinto non è dato sapere, ma alla fine non interessa più di tanto: quello che conta è la musica, tanto più se questa è solo strumentale, come in questo caso.
Stoner massiccio e siderurgico, da chissà quale Kombinat uralico, che avanza possente tra rimandi ai Black Sabbath, strizzatine d’occhio al Neil Young più psichedelico così come alla lezione di David Gilmour dei Pink Floyd. La band è meno convincente quando si avventura (brevemente) in territori prossimi al metal, di cui riprende qualche passaggio banale (niente contro il metal in sé, ricco di cose bellissime). C’è ancora molto di acerbo, ma questo lavoro è del 2013, e forse da allora la band è cresciuta. Vedremo.
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La recensione #0 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-04-24 00:00:00
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