La conferma che Indian Wells è uno bravo
Nella vita c'è bisogno di conferme. Ora che siamo bene o male in primavera chiedetelo alla vostra ragazza – o al vostro ragazzo, alla faccia del risibile motto “Boys don't cry” – che aspetta di sentirsi ripetere quelle due paroline magiche... Certo che lo sa già, che discorsi! Ma farà pure piacere risentirle ogni tanto, o no?
Se volete anche per Indian Wells vale lo stesso: lo sapevamo bene che fosse uno bravo, e non certo perché qualche sito estero ne parlava (molto) bene. Ma ritrovarsi nelle orecchie una solidissima conferma grazie a questo suo nuovo “Pause” non guasta affatto. Che cosa è cambiato dalle sue mosse precedenti allora? Vari elementi fra i quali sarà il caso di menzionare prima di tutto la qualità del suono, decisamente più elevata e più a fuoco, e poi la nuova direzione data al cuore di questa silloge, molto più orientata al ballo. Con “Night Drops” Indian Wells aveva infatti mostrato la sua capacità di cogliere l'attimo musicale con un suono di derivazione dubstep onirico e cullante; simili atmosfere sono ora virate verso uno schietto 4/4 che suona perfettamente coerente con scelte artistiche simili operate di recente da una santissima trinità composta da Four Tet – Caribou – Bonobo.
Ma attenzione perché non mancano gli agganci con il passato: sentite ad esempio la prima parte di “Games In The Yard” o la chiusa narcotica di “New York Nights” (ma varrebbe la pena anche citare “Pause / Vignelli”, sospesa a metà fra KLF e Boards of Canada) per capire che si tratta sempre dell'uomo che ama il tennis di John McEnroe e degli altri grandi a cavallo fra fine '70-primi '80. Perché, ammettiamolo, nella vita c'è bisogno di conferme.
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La recensione Pause di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-04-07 00:00:00
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