Elettronica ed elettricità: un lavoro citazionista, ma con radici ben piantate nel presente.
È un album citazionista, questo dei The Fabulous Beard. Già dal titolo, quel “Can A Machine Think?” di sapore kraftwerkiano, confermato in pieno dall’“Intro” che apre l’intero lavoro. Un omaggio dovuto, per un lavoro electro, che nella title track omaggia lo space rock più elettronico degli anni ’70, tanto che un titolo come “Space Cowboys” non pare riferirsi all’omonimo brano dei Jamiroquai, ma al kraut psichedelico dei Cosmic Jokers. Ma, sorpresa, il brano cita esplicitamente il “Peter Gunn Theme” di Henry Mancini stravolgendolo con suoni distorti e stacchi non presenti nell’originale, che paiono discendere da certe cose della Yellow Magic Orchestra. Compaiono, però, altri fantasmi: “What Is Real?” rubacchia, consciamente o no,“Rain” dei Cult.
Naturalmente tutto è riportato al presente: e nel presente si muove un brano come “The Dome”. In generale paiono essersi perse le componenti soul e nu jazz, che caratterizzavano il primo lavoro della band. Unico brano a conservare quel mood, “Washing Machine”, quasi una outtake di un disco di Clifford Gilberto. Il variare delle coordinate non muta però la qualità della proposta musicale: sempre alta. Dal vivo devono essere fantastici.
---
La recensione CAN A MACHINE THINK? di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-22 00:00:00
COMMENTI