E se su due piedi io vi dicessi “Other Voices”? Dove correrebbe il vostro primo pensiero? Esatto, proprio là! Alla memorabile traccia 3 di quel capolavoro dei Cure che risponde al nome di “Faith”. Bene, c’è un combo calabrese che quel titolo se lo è cucito addosso come ragione sociale certificando fin da subito il proprio background musicale: darkwave, darkwave e ancora darkwave! Passata e presente, ovviamente, giusto per non farsi mancare niente.
Al loro secondo album gli Other Voices si affidano di nuovo alla produzione artistica dello scafato David Palmer per internazionalizzare al meglio il proprio sound, peraltro già abbondantemente esterofilo per riferimenti e ambizioni di gloria. Votati ad una new wave oscura quanto dinamica ed evocativa – perché non immaginarsela come colonna sonora di un lungometraggio in b/n su Capitan Harlock? – i sei rockers reggini si affidano alternativamente tanto agli insegnamenti della vecchia guardia quanto a quelli del filone revivalista dell’ultimo decennio. Ecco quindi che i Cult di “Love” si insinuano curiosamente sia nel romanticismo darkeggiante dell’opener “I walk on the wire” sia nella cavalcata conclusiva di “Gunslinger”, il chitarrismo ruvido e spettrale dei Fields Of The Nephilim magnetizza “Garlic”, gli Editors si nascondono tra gli anfratti plumbei di “A night lasting a year” e “Journey”, mentre ai due brani più sfibrati del lotto – “Poor road” e “The only real convinction” – rispondono le ibridazioni vecchio/nuovo della ruffianella “Hate me again”, creatura meticcia tra Editors e Sisters Of Mercy, e di “Without any sound” che incolla sugli Interpol le tastiere curiane di Roger O’Donnell. La title track (bel pezzo) si chiama, invece, fuori dal coro e si veste di colori meno opprimenti, più vicini al rock epico dell’immenso Mike Scott che non al “grande buio” ottantiano.
Memoria storica, affiatamento e cura certosina dei minimi dettagli atmosferici (delay, suoni di basso, tastiere retrò, teatralità vocale, volumetrie aperte) rendono piacevole l’ascolto di un lavoro che rimane però, in tutto e per tutto, derivativo fino al midollo.
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