Devo essere sincero, "My Raplosophy" non mi ha lasciato molto, né al primo né al secondo ascolto e neanche al terzo o al quarto. Penso però che questo disco di Tueff non abbia lasciato molto neanche al rap napoletano e al rap italiano in generale, e questo è più un dato obiettivo.
Napoli ha una scena enorme, di rap fatto senza seguire i trand musicali del momento se ne trova davvero in grosse quantità, soprattutto di quello più vicino alle sonorità anni '90 (americane ovviamente). Tueff appartiene a quest'ultima categoria ed è chiaro fin dai primi minuti di "My Raplosophy".
Ispirarsi ai '90 non significa però fare rap come nei '90, anzi. Se la scena napoletana oggi è così forte è dovuto proprio alla sua capacità di innovazione, di ricerca, una realtà capace più di qualsiasi altra di mischiare l'elemento esterno con la tradizione locale. Il rapper di Sangiuvanniell non è da meno e anche lui ha provato a contribuire a questa tendenza: metriche sperimentali, flow caratterizzato da continue variazioni di tempo e chiusure di rime impossibili che lasciano spesso col fiato sospeso, ascolti e pensi "ok, ora non ce la fa, ora va fuori tempo", e invece no.
Non sempre però innovazione è sinonimo di miglioramento, e il risultato finale di "My Raplosophy" non è molto convincente. Il lavoro si concentra più sulla tecnica che sul contenuto, il che non andrebbe neanche male se l'album fosse un album privo di messaggi ma in questo caso non è così. Il titolo del disco annuncia lucidamente un contenuto che ruota a una propria filosofia del fare rap, brani come "Solite scuse", "Paisà" o "Fratelli d'Itaglia" sono carichi di denuncia sociale, e già dal primo minuto è chiara la voglia di Tueff di esporre il proprio punto di vista in maniera forte e decisa: "quando pensi che tutto è finito, piuttosto che attaccarti alle speranze fai qualcosa, segui un percorso, sposa una filosofia". Se gli intenti erano questi, dare eccessiva attenzione ad altro è stato un errore, e lo scrivo con un pizzico di amarezza perché trovare un rapper oggi che cita Pino Aprile nei propri testi è davvero una cosa rara se non unica, fermo restando che "Fratelli d'Itaglia" (brano in cui è contenuta la citazione) è il pezzo meno riuscito di tutto l'album, la scelta di rappare in italiano è sicuramente apprezzabile vista l'importanza del contenuto ma Tueff è davvero troppo legnoso, quasi impacciato per l'occasione.
Non tutto è da scartare comunque, se non altro è da premiare la voglia di mettersi in gioco del rapper napoletano, audacia che in futuro potrà portare a risultati migliori. Inoltre "My Raplosophy" è un ottimo esempio di come certe sonorità, certe produzioni, suonino ancora dannatamente bene, e questo vale per tutte le strumentali dell'album, nessuna esclusa. Poi, quando in "Ogni vota" entra il sax di Marco Zurzolo, allora lì si gode per davvero.
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