Riproporre in musica lo stile dei grandi autori è un impresa da artisti veri, di un certo spessore. Tanto più e grande lo scrittore tanto più ardua è l’impresa. I Modest Mouse sono riusciti a trasformare in note le vicende bukowskiane, Paolo Conte in alcuni vecchi dischi ha interpretato al meglio lo spirito di "Festa mobile" di Hemingway.
Avere a che fare con Kundera non è uno scherzo. Già il titolo sempre fare il verso al romanziere ceco, l’immenso peso astratto di un concetto filosofico come l’essere è sostituito dal peso decisamente più concreto di un termine che ha la pesantezza insita nel nome: un bue.
L’album, come il libro, parla sostanzialmente d’amore, o meglio di tresche amorose; l’apocalittico scenario della primavera di Praga fatto di fughe e guerre che renderebbero impossibile lo svolgimento di qualsiasi storia, con tutte le sue conseguenze etiche e politiche, è sostituito dall’ancor più premente peso dell’esistenza, declinata nella più banale ma anche nella più pressante delle sue forme: quella della vita quotidiana. Il fardello della vita quotidiana. "L’insostenibile leggerezza di Bue" potrebbe benissimo essere sostituita con la mia insostenibile leggerezza, con la vostra o con quella di qualsiasi altra persona.
Alla ben nota velleità universalistica di Kundera i Bue preferiscono una situazione decisamente più empirica, concreta, incentrata sui piccoli problemi. Leggerezza da non confondersi con superficialità. I testi, al di là della loro apparente semplicità, lasciano trapelare un vasto universo culturale. Ricchi di citazioni e di frasi degne dei più romantici status di Facebook, sono molto descrittivi e adatti ad una musica lenta, fatta solo di bassi e sintetizzatori, quasi a ricreare una sorte di carillon moderno. Lentezza da non confondersi con l'indolenza: le canzoni scorrono veloci dalla prima all’ultima proprio come capitoli dell’Insostenibile leggerezza dell’essere.
In questo ambaradan di concetti probabilmente non avrete ancora capito con che musica avete a che fare. Sarà perché fanno pop elettronico o magari perché entrambe sono band di Roma, ma i Bue suonano spesso molto simili a I Cani, riarrangiati in chiave più cantautoriale, e quindi intimistica, e con nette influenze anni '80 che si concretizzano in particolar modo nella figura di Battiato. Qualche sbavatura qua e là non può intaccare il valore complessivo dell’album: "L’insostenibile leggerezza di Bue" è un'ottima prova.
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