WE ARE WAVES
Promises 2015 - New-Wave, Electro

Promises
21/05/2015 - 09:00 Scritto da Antonio Belmonte

Uno dei più rodati generatori italiani di synth-rock nostalgico e decadente per tormentati cuori moderni.

Una volta lessi da qualche parte che promise incarnava una delle parole più ricorrenti nell’armamentario lirico delle band new wave dei primi ’80, insieme a dream, night, light, life e love. Non mi stupisco, quindi, che i We Are Waves, che sono legati a quella scena come un lattante alla rassicurante mammella materna, abbiano scelto quella parola – seppur declinata al plurale – come titolo del loro secondo album.
E in effetti i primi vagiti di quel decennio scintillante e contraddittorio rappresentarono per molti (ma non per tutti) un focolaio di scalpitante ottimismo alla luce del quale tutto sembrava lecito e possibile, e così fottutamente semplice, persino “promettere i miracoli”, come cantavano nel 1982 i Simple Minds (“I promised you a miracle / Belief is a beauty thing / Promises promises / As golden days break wondering / Everything is possible in the game of life”). Che poi tutte quelle promesse, e aspettative, siano rimaste in gran parte disattese è tutta un’altra storia…E non ringrazieremo mai abbastanza i Cure per avercelo ricordato tra le pieghe di “Disintegration” nel 1988.

Il quartetto torinese, che queste storielle le conosce bene, metabolizza a pieno lo spirito dell’epoca, lo contestualizza e lo fa suo per confezionare una dissertazione sonica sulle aspettative e promesse di una “vita nuova” e più complicata, inforcando un vecchio paio di occhiali per focalizzare al meglio un nuovo presente ed esorcizzare un futuro che potrebbe riservare qualche incertezza di troppo (come sembrano anticiparci i due volti ritratti sulla bellissima copertina morrisseyana). La voce di Fabio Viassone canta di fragilità, speranza e sfida, di età adulta che avanza e nuove responsabilità, e lo fa a pochi centimetri da quella di Harry McVeigh, mentre il resto della band lo asseconda sulle medesime frequenze, tra malinconie curiane, elettroniche nord europee e revivalismo new wave, tanto revivalismo new wave (White Lies su tutti). È vero, i déjà vu sono molti, marcati e ben distribuiti, dai suoni alle linee vocali, dalle ritmiche agli arrangiamenti – ascoltate “Children lake” e fateci sapere – eppure non vanno minimamente sprecati nel sonorizzare le monumentali insicurezze di questi spietati anni ’10.

Meno artificiosi dei Secret Sight e più panoramici dei The Doormen, estremamente convincenti sugli episodi più impattanti (“Wasted” e “Midnight ride") ma un po’ meno sulle ballate (“Silent lullaby”) e sui disimpegni synthpop ("Monochrome"), i We Are Waves si candidano comunque a diventare uno dei più rodati generatori italiani di synth-rock nostalgico e decadente per tormentati cuori moderni.

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