Il Culo di Mario
Oppalai 2015 - Lo-Fi, Psichedelia, Pop

Oppalai

Fra i soliti supporti vintage e consapevoli bruttezze, ci sono più qualità e più momenti “seri”.

Dopo la cassetta, la videocassetta. Continua l'operazione recupero supporti desueti de Il culo di Mario. E noi continuiamo a farci domande, una su tutte: non è che tutta questa cura nella costruzione di un'immagine simpa-vintage-DoItYourself-dissacrazione&disimpegno serve a coprire un'assenza o una povertà di contenuti? La risposta è no, però certo che le copertine brutte brutte in modo assurdo e certi sprazzi di humour da novenni (“supercalifragilistichespiralicazzo”? Si può fare di meglio) distraggono parecchio da quello che c'è di buono. Per esempio una produzione meno casalinga rispetto ai lavori precedenti, i momenti non scemi, come lo spoken della neorealista tragicommedia “Il piromane di Lundo”, e quelli in cui l'attitudine alla scurrilità trova una ragion d'essere non gratuita, più punk e meno cazzone che ride per le parolacce, insomma (“Pensione”, o “Rogoredo Dreamin'”).
E per la terza volta il giudizio resta sospeso, in attesa - nella speranza, meglio - di vedere finalmente, dietro la profusione di “cazzo” e i 78 giri o i betamax o qualsiasi altro supporto sceglieranno la prossima volta, omogeneità qualitativa e autentica chiarezza di intenti stilistici.

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