Una voce eccezionale dal sapore carioca, che emerge in brani che sussurrano ed urlano, tra graffi e carezze
C’è sempre una punta di pregiudizio quando si mette nel lettore un cd di un artista passato dal Festival di Sanremo; ci si aspetta il solito lavoro melenso, leggero, sdolcinato, pressoché insignificante. Con lo stesso atteggiamento si potrebbe introdurre nel lettore il disco d’esordio di Patrizia Laquidara, anche se i due premi della critica ottenuti al festivalone sanremese potrebbero darci un aiutino. Ecco quindi che parte Mielato, seguito dalla title-track ed altri undici brani. Alla fine sono turbato: è un bel disco questo o il primo ascolto mi ha tradito? Lo rimetto e mi accorgo che mi piace ancora di più. Il piacere cresce con l’ascolto, con la confidenza che questi brani sussurrano ed urlano, tra graffi e carezze.
Di fronte abbiamo una cantante che esibisce una personalità forte e decisa, fragile e delicata; in lei emergono i vocalizzi di Mina, la classe della Vanoni, il calore mediterraneo della De Sio, la profondità della Donà. Paragoni pesanti, me ne rendo conto, ma necessari per mettere in evidenza la forte personalità della cantante catanese di nascita ma vicentina d’adozione. Il paragone viene stimolato proprio dal carattere, dalla vena artistica che non lascia indifferenti. Patrizia farà parlare di sé, perché ha la stoffa, ha il carisma, ha l’umiltà e la voglia di esplorare con passione. E se ne sono accorti i tanti musicisti intervenuti a dare il loro apporto a questo disco: Fausto Mesolella degli Avion Travel, Marco Siniscalco e Michele Rabbia degli Aires Tango ed i solisti Mario Venuti e Rita Marcotulli. Come ciliegina sulla torta, per Indirizzo portoghese è intervenuto anche Pasquale Minieri (il suo nome si lega a Peter Gabriel, Vinicio Capossela e Claudio Baglioni), a ‘prestare’ il suo studio per sei brani dell’album.
Ma cosa ha di speciale Patrizia Laquidara per suscitare tanto interesse? Un amore sconsiderato per la musica a 360°, e in maniera particolare per la bossa nova, il tropicalismo, il pop, il tango, il jazz e la musica medio-orientale. Su tutte, comunque, la musica brasiliana - che la Nostra vive con estrema passione, non una semplice moda, non un trend passeggero - avendo lavorato a lungo con musicisti sud-americani, sia in Italia che nella terra d’origine. Innamorata dei tropicalisti brasiliani Caetano Veloso, Gilberto Gil, Maria Bethania e Gal Costa, Patrizia ha preso, oltre al sound inconfondibile della terra dai colori giallo oro, soprattutto l’apertura che Veloso e compagni hanno mostrato verso le musiche provenienti dagli altri paesi. Non disdegna quindi di trarre spunti significativi dal fado portoghese, dall’easy-listening, dai suoni orchestrali o dallo stile cantautorale.
I testi, invece, sono ermetici fino all’osso, non lasciano trasparire quasi nulla, per chiara volontà della stessa autrice; sono colmi di simboli, rimandi, cose banali per noi ma che per lei diventano imprescindibili. Lividi e fiori l’abbiamo già apprezzata a Sanremo con il suo penetrante lamento - che allo stesso tempo potrebbe essere un urlo di gioia, perché "son lividi e fiori che portiamo nel cuore". Liriche 'fuori di testa' come Sciroppo di mirtilli o Kanzi, per giocare con l’ugola, come anche e soprattutto in Essenzialmente, dove veramente la voce diventa uno strumento da modulare a piacimento. Sorprende poi Mario Venuti nella versione brasilian style per un romantico duetto d’altri tempi. Toccanti e penetranti le atmosfere di Dentro qui e Le rose, mentre è impossibile resistere al fascino di Agisce. Bene anche la prova con la lingua brasiliana, per un brano, Uira puro, scritto da Valdemar Henrique e la cover della hit di Veloso, Cu cu rru cu cu’ paloma.
Promossa a pieni voti su disco. Ora aspettiamo la prova del live.
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La recensione Indirizzo portoghese di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-12-20 00:00:00
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