Garbo e Luca Urbani Fine 2015 - Rock, Pop, Elettronica

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Un lavoro classico. Che dei classici ha la perenne attualità. Con almeno una canzone straordinaria.

Garbo, tocca ammetterlo, è come il vino buono: invecchiando migliora. Già “La moda”, anno domini 2012 era un bel disco, ma quest’ ultimo “Fine”, nato dall’amicizia e collaborazione quindicinale con Luca Urbani dei Soerba e permesso dal crowdfunding dei fan su Musicraiser, è un disco davvero notevole.
“Fine”, un titolo polisemico che può alludere ai concetti di “raffinato”, “intellettualmente acuto”, “scopo”, “esito” e (sto toccando ferro) “termine della carriera”, possiede innanzitutto almeno una di quelle canzoni, oggi rarissime, che ti costringono a smettere quello che stai facendo per dedicarti al suo ascolto esclusivo: “Che meraviglia”, di nome e di fatto. Come dovrebbe sempre accadere, in campo musicale, è la musica che ti prende per il bavero e ti costringe ad ascoltare il testo, significativamente e opportunamente stringato: il mio personalissimo gusto mi fa evitare la prolissità molesta e sbrodolona di cantautori e rapper (laddove i secondi sono gli eredi dei primi), due facce della stessa noiosa medaglia.

Il clima musicale è quello della rivisitazione degli anni 80 che si impose precocemente durante il decennio successivo: in Italia con i Bluvertigo, negli Stati Uniti con i Nine Inch Nails, in Inghilterra con l’evoluzione del suono di una delle band già protagoniste degli Eighties, ovvero i Depeche Mode. Sonorità diverse, nessuna delle quali “Fine” mutua direttamente. Ma, insomma, il sound è quello: intrecci di elettronica vintage e chitarre (che spesso ricordano Killing Joke, Joy Division e i primi U2), con soluzioni armoniche e melodiche tipiche degli anni ’80. Quello che colpisce è che l’operazione non puzza affatto di sterile nostalgia o di stantio passatismo. Gli arrangiamenti sono di alto livello e di ciò va dato merito ai due titolari, ma spiccano, tra ospiti e collaboratori, i nomi di Alberto Styloo e soprattutto di Mauro Sabbione, il tastierista dei Matia Bazar del capolavoro “Tango”. Oltre a ciò, è essenziale il fatto che, compositivamente, il tasso di grandi canzoni è elevato: finiscono nel novero, oltre alla eccezionale “Che meraviglia” già citata, le ballate “Novecento” (ritornello da brividi), “Allinearsi” e “Stella nera”. 

Un lavoro classico. Che dei classici ha la perenne attualità. Dategli un’opportunità.

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La recensione Fine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-06-20 09:00:00

COMMENTI (2)

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  • re 9 anni fa Rispondi

    @karuso è bello il disco. :)

  • karuso 9 anni fa Rispondi

    ma che bello :D