Gli Hot Sunday Blood hanno un dono particolare, quello di somigliare a tutti e al tempo stesso a nessuno.
Si formano a Torino, città particolarmente sensibile alle sonorità che il fruitore profano definirebbe alternative, un'etichetta generalista che ingloba tutta una serie di generi ai quali questa band attinge e a cui si ispira. Con una certa maturità che stupisce, considerando che sono in circolazione solamente dal 2013 e che "Someone Left Behind" è il primo album che pubblicano con l'etichetta statunitense Mervilton Records.
Il richiamo inequivocabile è quello della Seattle anni '90, quel sound ruvido e scabro che, tuttavia, in quest'album non assume i tratti della ribellione alla forma musicale vigente e appare invece rielaborato mediante una rivisitazione nostalgica che vuole riprendere i tratti migliori degli artisti di – anche inconscia – ispirazione. L'album è percorso da venature di stoner acidificato e da sfumature di un heavy che fa da contraltare allo stile vocale di Andrea Amerini, a sua volta una rievocazione di quella compagine di vocalists glam che dagli anni '80 si sono trasfusi in altre voci contemporanee, un po' Depeche Mode e un po', a tratti, in un singulto in stile Marilyn Manson.
Le dieci tracce sono strutturate secondo la tipica forma-canzone e risultano particolarmente differenziate nei primi due terzi dell'album, per poi andare lievemente in calare nella parte finale. Nonostante gli ultimi brani generino nell'ascoltatore la sensazione di un flusso continuo, l'accostamento dei primi è piuttosto efficace, in particolare nel passaggio dalla sinuosità di "I Deserve To See" alla corsa sfrenata di "Runnin On My Own".
La musica degli Hot Sunday Blood ha le sue oscurità e i suoi richiami eccellenti, che vanno dagli Alice in Chains ai Queens Of The Stone Age, senza riuscire mai a concludere appieno un processo di declinazione della lunarità in stile Staind che alcune parti strumentali sembrano voler suggerire. Del resto, non è questo l'intento del gruppo, rivolto a palati più heavy. Somigliano a tutti, compresi i Three Days Grace di "One-X", e al tempo stesso a nessuno, con questa miscela di differenti sound già piuttosto buona, pur in presenza di una certa carenza d'interpretazione originale, che s'incarna in particolare nella titletrack.
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