A questo giro vi basterà combinare il nome della band + titolo ep + logo in b/n stile Lacrimosa per guadagnarvi un’anteprima piuttosto veritiera di ciò che andrete ad ascoltare. In uno slancio di anti-solarità estrema i brindisini Fading Rain noleggiano il tenebroso, quanto conturbante, immobilismo dell’inverno per inscenare le loro “ballate”, attingendo a piene mani all’immaginario decadente degli anni ’80 più oscuri.
Refrattario anche al minimo barlume di originalità / personalità “Winter ballads” altro non è che l’affettuoso omaggio di una band nostalgica ai propri beniamini, molto probabilmente gli stessi che sono immortalati sugli immancabili poster affissi in sala prove: e, fino a prova contraria, su quei poster troneggiano i Siouxsie & The Banshees, UK Decay, The Chameleons, Litfiba, Christian Death, Bauhaus e molti altri ancora, tutti con la loro gelida teatralità, le loro chitarre taglienti e i bassi ossessivi che gridano “novembre” da ogni singolo accordo (“Fading rain” rimane in tal senso il pezzo più rappresentativo del lotto).
Pronipoti di una darkwave satura di convulsioni post-punk (citare i Joy Division ormai non fa più neanche notizia) i Fading Rain non oltrepassano la soglia del revivalismo domestico, per di più penalizzato da una pronuncia oltremodo ruspante dell’inglese e da una voce spesso fuori fuoco e poco caratterizzata.
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