Le multinazionali della plastica possono tranquillamente continuare a sfornare i loro prodotti artificiali, a cercare i cloni da gettare tra le braccia dei teen-agers, ad imporre le orride playlist ai biechi network del nulla. In fondo, è il loro mestiere. A meno che non comincino ad accorgersi, di tanto in tanto, di quel che succede attorno al loro ricco arcipelago. E di vivacità, nelle vicinanze dell’impero, ce n’è molta. Non per niente Paolo Milzani qui per dimostrarci che produrre buona musica si può. E si deve, a quanto pare. Altrimenti non si spiegherebbe perché si debba continuare a suonare in barba alle ferree regole delle majors.
“Nudist ed altre storie” è un disco che trasuda onestà e capacità compositive non indifferenti; una vera e propria sorpresa, almeno fino a quando non si sbircia tra il curriculum del cantautore lombardo, tutto tranne un pivello alle prime armi. Sono già due i dischi al suo attivo, pubblicati l’uno con gli Erika per mania, l’altro con i Pincapallina, con i quali il nostro ha anche partecipato nella sezione nuove proposte del Festival di Sanremo. Era il 2001, e di quella comparsata al teatro Ariston non sembra esserci più traccia - ed un motivo ci sarà…Superato lo choc festivaliero, è arrivata la meritata risalita, grazie anche ad una collaborazione con Antonella Ruggiero. Solo dopo, evidentemente, si è fatto largo quel po’ di coraggio che lo ha portato a misurarsi con questa autoproduzione da solista. Paolo Milzani frutta l’occasione alla grande, puntando sul sicuro per ciò che riguarda i testi, quasi tutti tratti da “Atacama”, romanzo di Luis Sepulveda. E scommettendo, dal punto di vista della composizione delle musiche, su di un pop acustico che, limitandosi al giorno d’oggi, potrebbe ricordare la produzione di un Niccolò Fabi anche se infinitamente meno palloso). Ma basta tornare a qualche decennio or sono e scoprire le affinità di “Nudist ed altre storie” con la scuola italiana dei ’70 e di tutti quegli arpeggiatori che ridiedero linfa al cantautorato nazionale, come Alberto Camerini, Stefano Rosso, Francesco De Gregori, volendo anche l’Ivan Graziani più intimista. È quasi un omaggio a quell’epoca, rafforzato dalla sia pur minima mancanza di computer ed effetti particolari, che contribuisce a rendere il suono puro, quasi cristallino. Le canzoni di Paolo Milzani ono tutte orecchiabili e solo apparentemente semplici: solo così riescono a muoversi tra palate di gentilezza, con qualche concessione all’ironia (“GIP – il giudice per le indagini preliminari” potrebbe figurare nel repertorio dell’Edoardo Bennato dei tempi d’oro) e scorie blues (“Io oso perché”). Un bel disco, di cui qualcuno dovrebbe accorgersi. Intanto ce lo godiamo noi, e non c’è major che tenga.
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La recensione Nudist ed altre storie di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-01-02 00:00:00
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