Canzoni scure descrivono attimi destabilizati con un rock potente ed evocativo
In ogni persona alberga la malinconia. Anche se si tende ad apparire sempre positivi e senza punti deboli, anche per una questione di equilibrio cosmico, credere che se i più fossero in maggioranza rispetto ai meno l'universo sarebbe migliore è un'attitudine carina quanto utopica. Perchè inevitabilmente siamo fatti anche di segni meno, ed i momenti meno rosa non va bene soffocarli, non vanno trattenuti i magoni, come gli sbadigli, che poi diventano sempre più grossi e basta.
"Una trincea nel mare" de Il rumore della tregua è un disco malinconico, ma non malinconico e basta, ci sono dentro storie che fanno venire i brividi per le parole, altre per la musica, ma arrivano al culmine quasi tutte allo stesso modo, ovvero dandoti dei pizzicotti al cuore, piccole schicchere che ti fanno sobbalzare di sorpresa e che un po' fanno male e lasciano minuscoli tristi lividi viola. Il rock con dentro la solennità dei cerimoniali patriottici, come un saggio che legge i grandi classici alle platee attente e man mano che la storia raggiunge il clou, le trombe esaltano i passaggi con note distese all'unisono.
Vicini ai Valentina Dorme per pronuncia dei testi e atmosfere a luci ed ombre, e ai Virginiana Miller per l'incedere rituale, Il rumore della tregua è una band che sa enfatizzare i momenti, sia che producano segni meno o segni più. Dieci sono le canzoni nel disco, c'è un'Introduzione (corta e fiabesca) e c'è un Intermezzo (uno dei pezzi musicalmente più riusciti), prima e dopo roteano come satelliti pezzi di sentimenti, raffigurati come padri e figli al parco, con i cuori puri e le teste nel sole ("Niente che il sonno non curi") o come il capitano "Cuore di bue" che prepara la pipa e si mette a cantare pervaso da quella sensazione di infinito che solo lo stare soli in mezzo al fiume può dare, che preferirebbe morire piuttorsto che dormire, che come nel Notturno dannunziano vede le lenzuola come sudari e il letto come una bara.
I momenti noir sono molti nella tracklist: "Chaplin (nel giorno della fine)" descrive una decadenza totale, come se in un giorno solo tutto il marcio potesse sparire e noi dall'alto a gurdare e a prendere per il culo il mondo assieme a un amico virtuale. Rivincite e malinconia. La malinconia che forse tocca il picco in "Ismaele sogna poco", lento simil-necrologio di un ragazzo (per modo di dire) che sotto al letto tiene un pezzo d'Irlanda e lo annusa tre volte prima di addormentarsi, che fatica a sognare, e se lo fa sono solo incubi, amori lontani e perduti, ricordi e ferite di una guerra civile che solo la bottiglia di whisky sa far scordare.
Il rumore della tregua è dopo tutto un rumore piacevole anche se traballante, punge l'orecchio incredulo, che, ormai abituatosi agli spari e alle deflagrazioni, non sa più a cosa credere e cerca nel silenzio delle minuscole rassicurazioni. Anche questo disco è così, ruvido ed oscillante sempre sospeso tra il calore di un sogno e le nuvole minacciose di chissà quale uragano.
Chissà se all'orizzonte c'è il sereno.
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La recensione Una trincea nel mare di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-07-18 00:00:00
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