Se volessi riassumere l’album in breve direi solamente che i Fucina 28 hanno cercato di imitare (maluccio) gli Zen Circus. Ironiche accuse sociali, testi sfacciati, nichilismo, e non ultimo, l’accento stesso, la cadenza marcatamente dialettale del cantante. Forse è solamente una questione campanilista, lungi dal diventare una cifra stilistica, ma sembra che Pietro Giamatei tenti continuamente di riprodurre la dizione di Appino. La musica è quell’indie sporco influenzato dal cantautorato. Il folk punk dei tre cugini livornesi (o pisani) maggiori, che, a dir la verità, col cantautorato un po’ ci litiga e un po’ ci fa l’amore. Tutte le canzoni ruotano attorno gli stessi tre temi. L’immaginario del volare, l’apatia della gente, il distinguersi attraverso la propria intelligenza decretando, in realtà, una certa monotonia nell’album. In "Te stesso", viene citato il velo di Maya, teoria orientale resa celebre da Schopenhauer, che proprio sui due concetti di pace dei sensi e nulla, da cui il titolo dell'album, elaborò la sua idea del Nirvana. Insomma c’è tanta carne al fuoco. Ma avere ottime conoscenze ed eccellenti modelli non è sempre sufficiente per spaccare.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.