Psychokiller Dead City Life 2014 - Rock'n'roll, Rock

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L’ancora acerbo album di debutto del power-trio torinese Psychokiller, tra grezzo hard rock e ballad introspettive

Dato che la band presenta se stessa come un trio di “rock’n’roll dall’attitudine punk” e su facebook si descrive come “un killer malato di mente, pronto ad infliggere pugnalate devastanti alla sua vittima”, prima di ascoltare questo “Dead City Life” mi prefiguravo non dico un disco di psychobilly con tanto di percussioni scricchiolanti ed un cantante squilibrato con voce da cavernicolo e col ciuffo alto un metro, ma come minimo qualcosa che ci andasse vicino, quanto meno nell’ispirazione.

Niente di tutto ciò: l’album è quanto di più rassicurante si possa ascoltare, rock –mi si passi l’espressione- da Virgin Radio, a metà strada tra gli anni ‘80 californiani (potremmo citare, azzardando, i Motley Crue senza la voce graffiate di Vince Neil), il Bon Jovi meno patinato e i Foo Fighters che cazzeggiano in sala prove in attesa dell’arrivo di Dave Grohl.

Capiamoci, il lavoro non è brutto: semplicemente si mantiene sull’orlo di una stiracchiata sufficienza dall’inizio alla fine, senza particolari spunti di originalità, ma neanche note drammaticamente negative o irrecuperabili. E’ semplicemente un disco di hard rock, sporcato da influenze grunge e suonato da una band italiana al suo esordio, niente di più e niente di meno. La passione dei ragazzi è tanta e si sente, a partire dal sound –suppongo- volutamente grezzo e dall’approccio “live” della produzione, specie nei brani più duri e grintosi.

Ed a mio parere è proprio quando preme l’acceleratore che la band mostra il profilo migliore di sé, se non altro quello con più ampi margini di miglioramento: riff classici –anche se fin troppo-, basso in evidenza, ritmi tirati e coretti dal sapore street, con “High Speed Roll”, “Sleazy Warm” e la title track “Dead City Life” tra gli episodi che più ho preferito.

Scorrono grevi invece le ballad, spesso molto simili tra loro, poco curate dal punto di vista compositivo e, probabilmente, neppure valorizzate dalla voce, mancante di slancio e non esplosiva nei momenti decisivi.
In generale, concludendo, possiamo dire che quella che ci si presenta è una band ancora alla ricerca di una personalità definita, di una via individuale al rock’n’roll che sviluppi il potenziale grezzo, acerbo oserei dire, di questo esordio.

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La recensione Dead City Life di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-28 00:00:00

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